Wednesday, 14 December 2011

Deb(i)t

Tra pochi giorni rientro in Italia per le ferie natalizie e visto che da li' - per la intrinseca ragione sociale del blog, direi - tradizionalmente non scrivo, questo e' l'ultimo post dell'anno.

Non che cio' voglia dire molto: il tempo e' un continuum che abbiamo solo per comodita' suddiviso in pacchetti regolari, e tra due settimane non sara' cambiato niente (a parte qualche scontato chilo in piu' e qualche ancor piu' scontato buon proposito di cominciare una vita piu' sana nei giorni a seguire).

Pero' come si fa a sottrarsi al giochino del guardarsi indietro cercando di racchiudere in un personaggio, un movimento, una parola tutto l'anno passato? Ed allora mi sono chiesto quale potesse essere la parola piu' rappresentativa di questo 2011.

Ho pensato a Royal wedding, all'evergreen eurosceptics o, piu' drammaticamente, alla gia' dimenticata Libya's war ma alla fine ho scelto debt, debito. Anzi debt e debit, perche' in inglese ci sono due parole legate al debito.

Entrambe derivano, senza neppure scostarsene tanto, dal latino debitum (participio passato di debere, declinato dēbĕo, dēbes, debui, debitum, dēbēre). Ma per far luce sulla differenza tra loro, che non mi era per niente chiara, sono ricorso al mio personal panel di colleghi; siamo arrivati a concludere che:

- debt (pronunciata det - silent b) e' sicuramente il sostantivo§ da usare quando si parla di debito (personale o di un Paese) ed in effetti basta aprire un giornale che si legge di greek debt, government debt, Italy must restructure its debt etc...

- debit e' invece principalmente usata come verbo (to debit a customer's account), e come sostantivo (opposto a credit, nei bilanci) ed in 'debit card' (il bancomat).

La parola debito tra l'altro non e' buona solo per rappresentare il 2011, e' anche di stretta attualita': secondo un articolo di FT che cita Scroogenomics, il 30% delle spese di Natale sono pagate con carta di credito (ovvero, a debito) e non prima di fine Febbraio (immagino la statistica si riferisca agli Stati Uniti e sia meno applicabile all'Italia, dove, almeno per gli impiegati, la tredicesima dovrebbe aiutare a coprire queste spese).

Ma vale la pena indebitarsi per i regali di Natale?

Cosi' come sulle etichette dei vini e degli alcolici (almeno qua in UK) si consiglia "please drink responsibly", su quelle dei vestiti o sulle vetrine dei negozi, potremmo scrivere "please buy responsibly". Forse troppo provocatorio e scioccante per la nostra societa' dei consumi (natalizi)?

Saturday, 10 December 2011

Friendly

Friendly: amichevole; da friend, amico. Semplice no? Parola semplice e calda come il supporto di un amico.



Ed allora come mai sull'involucro del mio tuna sandwich c'e' un bollino, non casualmente blu, con scritto tuna friendly?



No, dico, mica sustainable fishery (pesca sostenibile) o line-caught (pesca con l'amo). No, no, proprio tuna friendly, amichevole con i tonni.



Proprio vero, dai nemici mi guardo io, dalle interessate manipolazioni linguistiche del marketing mi guardi Iddio ;)



Friday, 2 December 2011

Pint

Sono diversi anni che si sente parlare di crisi della carta stampata.

Immagino ci si riferisca ai quotidiani perche' per quanto riguarda la risme di carta A4 credo non ci sia mai stata cosi' tanta richiesta come da quando sono stati inventati i computer!

Freddure a parte...Per arginare la diminuzione di copie, sono state provate diverse soluzioni: sono stati portati i quotidiani nelle classi, sono stati organizzati giochi a premi (personalmente iniziai a leggere Repubblica giocando con i compagni di classe a Portfolio, per chi se lo ricorda), ma soprattutto sono stati introdotti gli allegati.

Lettore, non ti interessa il nostro quotidiano? Che ne pensi del nostro quotidiano e di una videocassetta? Oppure del nostro quotidiano piu' un bel magazine a colori? O il primo numero dell'enciclopedia della storia/filosofia/architettura/pittura?

Mi sa che anche in UK ci sia lo stesso problema. Solo che si tende ad andare un po' piu' sul pratico.



Pint, una di quelle incomprensibili unita' di misura che piacciono tanto agli anglosassoni, e' un ottavo di un gallone, 0.568 litri per la precisione.

Pero' pint e' anche una figura retorica (azzardo una metonimia) per birra e quindi "to go for a pint" suppone andarsi a bere una birra e non qualcos'altro.

Interessante notare che dell'etimologia della parola pint si sa solo che deriva dal francese antico pinte; per il resto, l'origine e' incerta. Si sara' persa anche lei nei fumi dell'alcohol...

Monday, 28 November 2011

Friday

Friday e' il giorno della settimana in cui, al lavoro, ci si veste casual, perche' agli Inglesi piace avere delle regole anche per infrangere le regole.

Friday e' il giorno in cui le cose possono andare molto male, ed in quel caso si parla di Black Friday, perche' e' un giorno nerissimo.

Friday e' l'ultimo giorno lavorativo per gli impiegati che lavorano 5 giorni a settimana, e se Leopardi fosse vissuto oggigiorno, probabilmente avremmo Il Venerdi' del villaggio.

Friday, letteralmente, e' il giorno di Frigga, moglie di Odino, protrettice delle coppie. Un po' come il nostro Veneris dies.

Friday e' il giorno in cui in Italia esce Il Venerdi' di Repubblica.

Last Friday per Nemo non non e' stato just another, ordinary, Friday.

Il Venerdi' di Repubblica, a pg 17, ha dedicato la rubrica BarWeb curata da Marco Filoni a Sayagainplease.

A sincere thanks to him and a warm welcome to all new readers.

Please get on board, join the crew and enjoy the journey!

Sunday, 27 November 2011

Calculator

"Politici e manager senza visione del futuro hanno trasformato l'Italia in una colonia industriale. Per recuperare terreno occorre una politica economica orientata verso uno sviluppo ad alta intensità di lavoro e di conoscenza."

Questo recitava la copertina di un libricino che lessi anni fa: La scomparsa dell'Italia Industriale pubblicato da Einaudi nel 2003 e scritto da Luciano Gallino.

Descrive, in maniera asciutta ed efficace, come le piu' grandi realta' industriali italiane, chimica, aeronautica, automobilistica ed informatica, non siano riuscite nonostante ottime idee o posizioni di mercato importanti a rimanere tali, a non disperdersi in realta' minori, a mantenere l'avanguardia tecnologica.

Parole scritte un decennio fa e di (non?) sorprendente attualita' se si pensa a cosa sta succedendo a Finmeccanica.

A questo libro ho pensato sabato scorso, visitando il Museo del Design di Londra, quando, tra un'iconica cabina del telefono inglese ed una ecologica sedia in cartone, ho visto esposta una calcolatrice portatile Olivetti, la Divisumma18.

Uscita nel 1972 e progettata da Mario Bellini, la Divisumma18, di cui onestamente non conoscevo l'esistenza, era, come sottolineava con giusto orgoglio una pubblicita' del tempo trovata in rete, uno strumento portatile (anche se non delle dimensioni cui potremmo pensare oggi) che permetteva il calcolo delle somme, sottrazioni, divisioni e moltiplicazioni "piu' difficili".

Non era la prima calcolatrice elettronica: Sharp, Sinclair, HP ed altri erano nello stesso mercato, ma la calcolatrice Olivetti aveva anche un'attenzione al design che oggi e' un'idea banale e diffusa per la progettazione di un computer ma che in una calcolatrice degli anni '70 trovo davvero pioneristica.

Con le parole del MOMA: "Bellini was able to link the necessities of the developing electronics industry to contemporary visual culture by emphasizing tactile qualities and taking advantage of the expressive possibilities of such new materials as plastic. Bellini made industrial products desirable by injecting into his designs subtle anthropomorphic references, which stimulate emotional responses. Plastic, leather, or rubber, for example, may have the sensual properties of human skin."

Calculator e' legato, come si puo' facilmente intuire, al latino calculus/calculare. Piu' interessante ricordare, almeno a me, che calculus deriva da calx, calcis (la calce), indicando immagino piccoli sassolini di calce con cui si tenevano i conti. Portatili anche loro alla fine. :)

Monday, 7 November 2011

Shrink

- “Sono incinta. Tra 9 mesi sarai padre!”
- “Cara e’ bellissimo ma potresti provare a farcela in 8?”

"Questa potrebbe essere la risposta di un project manager alla sua compagna" pensavo qualche mattina fa, percorrendo il tratto tra il parcheggio e l'ufficio, con la mente gia' concentrata su come riuscire a completare le pressanti scadenze lavorative del momento.

In effetti, come i piu' attenti avranno dedotto dalla mia latitanza, in questo periodo il lavoro richiede molto impegno, tanto da quasi azzerare il tempo libero. Il progetto ed il ruolo sono interessanti per cui la motivazione e' alta ma comincia ad esserlo anche la fatica; meno male che il nono mese non e' lontano! (Onestamente, ci avevamo provato anche in otto ma non ce l'abbiamo proprio fatta)

In questo periodo quindi, la domanda che si poneva un paio di settimane fa la rubrica The Shrink and the Sage del domenicale di FT Is it important to work? non poteva non attirare la mia attenzione.

La rubrica e' un simpatico divertissement, ed il titolo la scusa per questo post... infatti che sage voglia dire saggio, anche se non lo si sa, per assonanza ci si arriva, ma shrink?

Siccome ognuno ha la cultura che si merita, a me la prima cosa che e' venuta in mente e' stata "Honey, I Shrunk the Kids" - Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi. Ma allora shrink sarebbe un verbo (shrink shrank shrunk) mentre in questo caso e' un sostantivo. La soluzione pero' non e' lontana perche' sempre con restringere, comprimere e strizzare ha a che fare, infatti Shrink, come sostantivo, e' la versione corta di headshrinker, strizzateste, o come preferiamo noi italiani, nell'ottimistica assunzione che ogni testa contenga un cervello, strizzacervelli.

UK e gli shrinks hanno un collegamento prestigioso tra l'altro. Ho da poco scoperto che a Londra trovo' rifugio, in fuga dal nazismo, il primo strizzacervelli della storia, Sigismund Schlomo, detto Sigmund, Freud. La casa in cui alloggiava adesso e' un museo, e c'e' un sito web, in cui si puo' vedere anche il famoso divano di cui il sito racconta non senza un certo involontario umorismo che e' remarkably comfortable.

Dubito che ci si possa avvicinare al lettino, ma sarebbe il posto piu' adatto dove leggersi l'articolo appena citato visto che proprio Freud cita, riportando: "the compulsion to work is created by external necessity" frase spiegata dal giornalista come: "The imperative to work springs from practical demands not immutable psychic needs".

Insomma "il lavoro paga le bollette" piu' che "il lavoro nobilita".

Tesi pragmatica ed un po' malinconica, molto d'attualita', che potrebbe forse essere riscritta, pensando a Maslow ed al buon senso, che si, il lavoro nobilita, ma solo dopo aver pagato le bollette!

Sunday, 18 September 2011

Diaspora



Diaspora, parola scritta come in italiano ma pronunciata in inglese qualcosa come "daiaspora" (/daɪˈæspəɹə/ per quelli che sanno interpretare i caratteri fonetici) viene dal greco diaspora (διασπορά, per quelli che hanno fatto greco al liceo o sufficiente geometria all'universita') ed ha ancora il significato originario di dispersione, allontanamento dalla terra di nascita.

E' diáspora in spagnolo e portoghese, diaspora in tedesco, francese, olandese, polacco, danese, turco (ma non in esperanto - che gli preferisce diasporo - e questa la dice lunga sull'insuccesso dell'esperanto :D)

Il fatto che abbia attraversato i millenni e le latitudini mantenendo intatta la sua grafia ed il suo significato mi fa riflettere su quanto debba essere stata devastante l'esperienza di una emigrazione forzata di massa.

Diaspora e' la parola (anche se non la piu' appropriata) che mi e' venuta in mente per descrivere quello che sta succedendo nella microcomunita' bristoliana di expat italiani: da pochi giorni un'amica si e' trasferita a Tolosa, una coppia e' in partenza per Madrid, un toscano per Amburgo. Se estendo all'ultimo anno ci sarebbe un'altra amica in Francia e un altro italiano in Germania.

Va bene che con i mezzi di comunicazione e di trasporto di oggi, con la conoscenza diffusa di piu' di una lingua, con (in fortunati strati della popolazione) un salario e delle protezioni lavorative adeguate, vivere in un posto o in un altro non fa differenza, ma qui uno statistico potrebbe notare che ci sono abbastanza campioni per stabilire un trend: siamo in un momento di riflusso, di fuga da UK.

Trend nel quale inoltre, vale la pena notare, non e' contemplato il rientro in Italia. Qualche capitale monetario, con la regalia di un ingiustamente vantaggioso trattamento fiscale lo si riesce a fare rientrare, ma convincere i capitali umani non e' altrettanto facile!

Sunday, 4 September 2011

Stereotypes



Come siamo visti noi Italiani in Inghilterra?

Mi piacerebbe pensare come sofisticati elegantiae arbitri, come colti estimatori dell'arte, naturalmente come ottimi cuochi ed intenditori di musica colta. E poi estroversi, passionali, simpatici, creativi; insomma vivi e vivaci.

Sicuramente si.

Sicuramente anche.

Perche' dobbiamo arrenderci all'evidenza: lo stereotipo dice molto di piu'. Dice che siamo, o almeno eravamo perche' lo spot risale agli anni '80, anche questo:



Apprezzabile l'onesta didascalia finale: made outside Italy by Wall's (ed allora che volete da noi???)

PS: Dietro la parola stereotipo c'e' una storia interessante: nonostante la radice greca, stereotipo e' una parola relativamente nuova, risalente al sette/ottocento. Ed inizialmente aveva a che fare con la stampa. Vi ho incuriosito abbastanza? Fate un salto su wiki!

Saturday, 27 August 2011

Portmanteau



La scorsa settimana, mentre preparavo il post su staycation, Google mi ha riportato in superficie dal profondissimo oceano di internet - in 20 millesimi di secondo, vale la pena ricordarlo ogni tanto - un post del blog Johnson sulle nuove parole inglesi.

In quel post, staycation, che io avevo intuitivamente spiegato come "fusione" delle due parole stay e vacation, viene definita come parola portmanteau.

Pormanteau e' figlia, un po' approssimativa, della parola francese portemanteau che rappresenta una valigia con due scomparti uguali e che e' stata usata come metafora linguistica per la prima volta, according to wikipedia, da Charles Lutwidge Dodgson (meglio noto come Lewis Carroll) in Through the Looking Glass: 'Well, "slithy" means "lithe and slimy". "Lithe" is the same as "active". You see it's like a portmanteau — there are two meanings packed up into one word.'

Portmanteau, o portmanteaux (se vogliamo trasgredire la grammatica italiana a favore di quella francese) sono anche le note smog (smoke+fog) e brunch (breakfast+lunch), l'attuale emoticon (emotion+icon) e la demode' motel (motor + hotel), l'esclusiva ma forse un po' usurata Oxbridge (Oxford + Cambridge) e la temuta stagflation (stagnation + inflation). Piu' alcune paroline in cui siamo gia' incappati come prosumer (producer + consumer), glamping (glamorous + camping) e globish (global + english).

La lista e' lunghissima, e se avete qualche idea per aggiornarla, potete farlo su wikipedia.

Errata Corrige: affezionati lettori francofoni ci informano che portemanteau, nella lingua corrente, e' semplicemente un attaccapanni, quindi sarebbe stato piu' corretto scrivere "portemanteau rappresentava una valigia con due scomparti uguali". Merci!

Sunday, 21 August 2011

Staycation



Il mese scorso ho passato alcuni giorni di vacanza nella mia lontana Toscana, dividendomi tra piacevoli serate con vecchi amici, gustose cene istituzionali (leggi impegni col parentado), ed appaganti oziose giornate balneari.

In una di queste occasioni sono andato a trovare degli amici al mare a Follonica.

Complice il fatto che ci siamo dati appuntamento verso mezzogiorno, la ricerca di un parcheggio ha richiesto una buona ventina di minuti durante i quali non ho potuto non notare una sequela infinita di BMW e di Audi (e nel caso di vetture piccole di 500 o mini - che poi sempre BMW e') che si susseguivano lungo il ciglio della strada e che mi ha fatto pensare: "ma dov'e' 'sta crisi?".

L'amico mi ha fatto giustamente notare che Follonica non e' esattamente Ostia Lido, che SUV esibito e cena a cipolla e' uno sperimentato e solido stile di vita per molti e che, comunque, le crisi economiche allargano il divario tra chi si puo' permettere il cosiddetto "macchinone" e chi insegue le offerte dei supermercati.

Ho ripensato a questa osservazione quando ho deciso di fare il post di oggi perche' un anno fa ne avevo scritto un altro su glamping, il campeggio di lusso per pigri ricordate?, e glamping sta a staycation come il Suv al risparmio da bollino fedelta' del supermercato.

Staycation, credo lo si intuisca, e' la fusione di to stay e vacation, insomma, e' l'ufficializzazione linguistica del passarsi le vacanze a casa.

Staycation e' una parola relativamente nuova che il mio Oxford dictionary del 2005 non riporta ma quello online oggi si e di cui infatti wikipedia fa risalire la nascita al 2007 (l'anno dell'inizio della crisi del credito, of course).

Una staycation non implica annoiarsi in salotto o nascondersi con un po' di vergogna in cantina come faceva Abatantuomo in Nei mari del sud o semplicemente fare quello che si fa di solito bensi' andare alla scoperta della citta' in cui si vive (che spesso si puo' leggere: citta' in cui si lavora e si dorme, boulot-metro-dodo come ci hanno insegnato i francesi) e delle zone limitrofe.

Pur consentendo alla fine un risparmio rispetto ai costi di una vacanza esotica, la staycation quindi per funzionare, deve prevedere un minimo di budget da dedicare a qualcosa che ci piace fare e che di solito non si fa, deve esserci insomma un aspetto nuovo, diverso dal quotidiano, che rompa la routine.

Adesso resta solo da decidere se dopo aver condiviso con UK e US la crisi, ne vogliamo condividere anche le parole che ne sono scaturite, in originale o traducendole.

Io propongo casanza, anche se staycation fa piu' figo, come tutto quello che si dice in inglese. Che ne pensate?

Friday, 5 August 2011

There is no I in team



There is no I in team, una bella frasina che mi insegno' una collega inglese quando ancora lavoravo in Italia, andrebbe incisa su una placchetta e consegnata, con voluta solennita', al momento dell'investitura di capi e capetti affetti da ego eccessivo.

Adesso pero' il capetto sono io: da ingegnere hands-on che si confronta con il debugging di software o con le insidie della manipolazione di grandi quantita' di dati, sono mutato in uomo-meeting che si deve destreggiare tra il caledario di outlook e una presentazione powerpoint.

Pero' questa e' anche l'occasione per applicare ad un progetto decisamente challenging (parolina molto gettonata da queste parti) i concetti appresi al corso per piccoli manager: delegare, motivare, pianificare, comunicare, il tutto senza perdere di vista il "delivery on time" un compito, quest'ultimo, rilassante come per un pizza express far arrivare a destinazione la pizza ancora calda nell'ora di punta, sotto la pioggia e con l'unica strada percorribile bloccata causa lavori.

E poi cercare di farlo in una approccio attento al team, che individui ed esalti i punti di forza dei singoli ma provi anche a rimediarne o limitarne le mancanze, e proponendo un approccio coinvolgente e collaborativo che motivi i membri del gruppo a percorrere il fatidico extra mile (altra parolina molto gettonata).

Collaborativo e coinvolgente, certo. Ma non consociativo, perche' come mi ha insegnato recentemente un altro collega inglese: There is no I in team, but there is an M and an E!

Thursday, 21 July 2011

World of mouth



Non mi piace fare pubblicita' e certi progetti probabilmente non ne hanno neppure bisogno, ma per iTunes U un po' di passaparola (world of mouth) si addice.

Me lo consiglio' un amico a cui avevo chiesto informazioni su come si scrivono le apps per IPhone. Ci sono infatti due tipi di persone: quelle che quando vedono un IPhone pensano "ganzo, lo voglio!" (o "bello lo voglio", nel caso non siano toscani) e le altre, un po' piu' nerds delle precedenti, che pensano "voglio programmare qualcosa con quello!". Ovviamente, come puo' immaginare chi segue questo blog, Nemo rientra per carattere e curriculum nelle seconde.

Essendo il tempo oltre che galantuomo, tiranno, il proposito e' rimasto purtoppo nel cassetto virtuale dei desideri. Comunque, per gli altri smanettoni in giro, informo che su iTunes si trovano delle seguibilissime e gratuite lezioni della Stanford University: "IPhone Application Development".

Sempre su ITunes U qualche giorno fa ho trovato degli originali e spiritosi cartoons sulla storia della lingua inglese The History of English in Ten Minutes. Per chi fosse insofferente alla mela californiana, gli stessi si trovano anche su youtube.

Includo il primo capitolo per invogliarvi. Ad esempio scoprirete da che ceppo linguistico derivano Thrust e Drag (due paroline importanti per Nemo...)

Tuesday, 12 July 2011

Her Majesty the Queen



Her Majesty The Queen Elizabeth II sfila in una carrozza scoperta e trainata da quattro, principescamente bianchi, cavalli. Seduto accanto a lei c'e' il consorte: His Royal Highness The Duke of Edinburgh, all'anagrafe Prince Philip of Greece and Denmark.

L'inno risuona in sottofondo, la Regina saluta ruotando avanti ed indietro mano ed avambraccio, tenuti entrambi rigidamente verticali mentre gli inglesi ed i turisti scattano fotografie e fanno filmati. Molti hanno l'occasione di vedere la Regina per la prima volta ma non resistono alla tentazione di fissarne l'immagine e con quella il momento che stanno vivendo, anche se cio' comporta vivere l'esperienza attraverso uno schermo.

E' il momento piu' formale della giornata ad Ascot. Non so se il piu' atteso. Onestamente per me non il piu' memorabile.

D'altra parte come puo' l'immagine della seppur attiva ed ottuagenaria monarca competere con quella dei picnic in mezzo al parcheggio? Fragole e champagne assaporati con nonchalance su seggioline da campeggio che si sono ricavate un po' di spazio tra una Bentley ed una Jaguar. O competere con un'altra immagine, di inaspettato egualitarismo, di una carrozza impantanata nel fango da cui una signora elegantemente vestita non esita a scendere per dare una mano a spingere? Per non parlare del serpentone di uomini, in fila per la toilette, con in mano la loro pinta di birra che poi poggiano sul lavandino mentre scontano gli effetti della birra stessa.

Perche', come ha notato una mia amica, gli inglesi organizzano questi eventi teoricamente snob ed esclusivi (teoricamente perche' ci sono migliaia di persone e basta pagare per accedere alla maggior parte dei posti) ma poi continuano a fare quello che a loro piace, ovvero ubriacarsi, solo vestiti in maniera piu' elegante del solito (un concetto di eleganza un po' pacchiana ai miei occhi, con cravatte fluorescenti ed improbabili vestiti femminili, ma qui e' questione di contestabili sensibilita' estetiche dovute a differenti retroterra culturali).

In conclusione Ascot e' un'esperienza che vale l'esoso biglietto, il fatto quasi sicuro che si perderanno altri soldi scommettendo sui cavalli, il fatto probabile che non ci sia uno splendido sole.

E i cavalli? Beh i cavalli, veri atleti dalla bellissima muscolatura , servono affinche' tutto questo si avveri!

PS: questo post e' stato scritto in un caldo pomeriggio italico mentre zanzare in riserva di globuli rossi si servivano felici al nuovo distributore. Causa ferie, si chiude per un paio di settimane. Visto i recenti intervalli di pubblicazione, neppure ve ne accorgerete. Ci risentiamo da UK. Cheers!

Sunday, 26 June 2011

Furlong



In un gruppo di studenti di ingegneria ce n'e' sempre uno un po' piu' fissato degli altri con i computer e le applicazioni software.

Ai tempi in cui i sistemi operativi erano poco stabili, gli antivirus inefficienti e le nostre conoscenze scarsine, ricordo dei lunghi sabato pomeriggio passati con uno dei miei amici storici a formattare il mio computer.

Al mio amico, che era il nostro "software focal point" (modo elegante per dire procacciatore di programmi, il che allora implicava viaggiare con buon numero di dischetti nello zaino), piaceva anche trovare e cercare di convincerci ad usare programmini piu' o meno inutili.

Uno di questi era un particolare convertitore di misure, che andava oltre il classico metri/feet o kg/lb convertendo tutto in tutto, ad esempio le lunghezze in misure mai sentite quali il furlong.

Ovviamente sull'utilita' di trasformare i metri in furlong il mio amico e' giustamente dileggiato ancor oggi nei nostri ritrovi, che, causa eta' e miglioramento della tecnologia che ha reso la necessita' di formattazione evento raro, si sono spostati dallo studio di casa al ristorante.

Pero' fossi stato piu' attento, o piu' curioso, un paio di sabati fa, ad Ascot, avrei potuto fare bella figura con gli amici perche' i cavalli corrono su distanze misurate in... furlongs!

Mentre cercavo da cosa furlong derivasse, gia' pronto a scrivere una scontata giaculatoria contro chi non usa il saggio sistema metrico ma si ostina a queste incomprensibili unita' di misura, ho scoperto che il furlong (1/8 di miglio) e' la stessa lunghezza del latino stadium (dal quale potremmo dire "funzionalmente ma non etimologicamente" deriva) e che a sua volta riprende il greco στάδιον (stadion).

Furlong deriva da furth-lang (furrow-long, dove furrow e' il solco, e per estensione, la lunghezza del solco in un lato di un campo di 10 acri - dove un acro corrisponde a 435600 piedi quadrati = 660 X 660 ft = 1 furlong X 1 furlong = 1 stadium X 1 stadium)

Insomma si torna sempre li', e' anche un po' colpa nostra :)

PS: Di Ascot parliamo la prossima volta...

Wednesday, 15 June 2011

Fascinator



Fascinator e' un sostantivo che indica un accessorio femminile: una decorazione quale un fiore, un fiocco, un pennacchio o un qualche sghiribizzo, un'esplosione di forma colore e volume con cui le Ladies inglesi abbelliscono le loro chiome nel tentativo di richiamare l'attenzione dei Gentlemen inglesi e di affascinarli.

Fascinator deriva dal verbo latino fascinare (fascĭno, fascĭnas, fascinavi, fascinatum, fascĭnāre), che vale la pena ricordare significa affascinare si, ma con incantesimi. Stregare, se proprio vogliamo essere corretti.

Che cosa ha a che fare Nemo con un fascinator?

"Mi tieni questo per favore. Grazie. Come mi sta? E quest'altro? Che dici e' forse meglio un cappello? Proviamo un altro negozio dai"

Lo scorso weekend Nemo ha accompagnato un'amica a scegliere un fascinator da accompagnare all'abito elegante che indossera' sabato prossimo per partecipare, con Nemo ed un manipolo di altri 5 temerari antropologi da bar, ad uno degli eventi sociali piu' famosi d'Inghilterra: Royal Ascot, la tradizionalissima e mondanissima corsa di cavalli che quest'anno per di piu' festeggia la trecentesima edizione.

Un appuntamento dove si mescolano interesse per le corse, con premi altissimi, anche piu' di duecentomila sterline per il vincitore, esibizionismo mondano nel Ladies Day (giovedi), snobismo (per i biglietti del Royal Enclosure bisogna aver gia' assistito a quattro edizioni del Royal Ascot ed essere segnalati da un partecipante al Royal Enclosure), eccentricita', a volte parente stretto dello snobismo, rappresentata dai picnics nel parcheggio: due sandwiches ed una Rolls-Royce invece che due cuori ed una capanna.

Il tutto attendendo Lei: Her Majesty the Queen.

Riuscira' il modesto zoom della macchina fotografica di Nemo a catturarne una foto decente?

Appuntamento alla prossima puntata per scoprirlo!

PS: prossima puntata che potrebbe essere tra un po' perche' settimana prossima Nemo andra' ad Amburgo per un training. L'update del blog potrebbe essere rinviato causa bighellonaggio serale per le strade della citta' anseatica.

Friday, 10 June 2011

Shin



Due uomini. Uno di fronte all'altro. In camice bianco.

Ma non sono dottori. E non siamo in un ospedale. Siamo all'aperto, in una vallata delle Cotswold.

I due si tengono per le spalle, si spintonano, si danno calci negli stinchi. Cercano di sbilanciare e fare cadere a terra l'altro, che e' un avversario. Il ritmo e' serrato, anche perche' l'obbligo di tenersi per le spalle implica un contatto ravvicinato e costante.

Nemo la scorsa settimana ha assistito per la prima volta ad una gara di shin-kicking che detta cosi' potrebbe sembrare una delle ultime trovate ludiche per ravvivare le annoiate palestre metropolitane ma tradotto vuol dire semplicemente darsi dei sonori calci negli stinchi, e secondo me fa male solo a sentirlo.

Lo shin-kicking pare abbia origini antiche e risalga alla meta' del Seicento (in Francia Re Sole, in Inghilterra le guerre civili, in Italia il Barocco ed il povero Galileo alla sbarra) quando i pastori inglesi (da cui il camice bianco) passavano in cotal modo amenamente il tempo libero.

Poi nell'ottocento, essendo la singolar tenzone degenerata un po' troppo (scarpe ferrate e martellate negli stinchi in allenamento per abituarsi alla sopportazione del dolore - i tempi della meditazione e dello yoga ancora lontani), il divieto di praticarlo. Da cinquant'anni si e' tornato a giocarlo, oggiogiorno proteggendosi gli stinchi con abbondanti quantita' di fieno.

La gara di shin-kicking, anzi The Shin-Kicking World Championship, come, non senza una certa ironia (spero), viene chiamata e' l'evento clou delle Cotwolds Olimpicks. Una manifestazione a meta' tra la sagra di paese e l'indimenticato giochi senza frontiere dove, tra un hamburger con cipolla e una good cuppa, si fa il tifo per la corsa nei sacchi, la gara in cariola, il tiro alla fune, il lancio del mazzuolo e quello del tronco. Insomma ce n'e' per tutti i gusti. Ed allora perche' aspettare London2012, se puo' essere anno olimpico ogni anno? The Shin-Kicking World Championship 2012 aspetta nuovi concorrenti. Mano ai martelli! :D



PS: sull'etimologia ho trovato pochino. Shin viene dall'Old English scinu, e rimanda al tedesco (das) Schiene - stecca - e all'olandese Scheen.

Saturday, 28 May 2011

Referendum



Ci sono persone che lavorano e vivono all'estero, che frequentano e socializzano con gli abitanti del posto, che si mimetizzano nella societa' conducendo una vita regolare, comune. Poi all'improvviso, un giorno, dal loro Paese di origine arriva un segnale, una richiesta. E loro, cellule dormienti, si svegliano.

Nemo, cellula AIRE 2009, e' stato attivato per la prima volta questa settimana con l'arrivo di un plico in cui si spiegava, con un abbondante uso del grassetto, come votare per i referendum che si terranno in Italia il 12/13 giugno. Il plico conteneva le ormai note, piu' che altro numericamente, quattro schede:

- Legittimo impedimento, verde
- Affidamento e gestione dei servizi pubblici, rosa
- Tariffa del servizio idrico, gialla
- Nucleare, grigia (e se non fosse che non credo sia permessa l'ironia a chi sceglie i colori per le schede, direi che il grigio nube per il nucleare e' una scelta decisamente azzeccata)

Ovviamente i testi dei referendum sono, come da affezionata consuetudine, semplicemente incomprensibili. Quello sul nucleare poi, ammesso che venga fatto, e' decisamente folle: provate ad espandere la voce su wiki e vedrete.

Le schede me lo sono guardate per un po', e' cosi' raro averle in casa, distrattamente appoggiate sulla pila dei giornali, quasi un oggetto familiare tra i tanti, a disposizione per tutto il tempo che si vuole invece di quel rapido contatto, in piedi, durante il cerimoniale laico della votazione.

Su queste schede esprimero' il mio voto tracciando un segno (una croce o una barra), come ricorda la documentazione (ma va? Ed io che ho sempre pensato valesse solo la croce; ma una barra che vuol dire? un segmento? una linea? boh). Per la prima volta inoltre usero' una semplice penna biro blu o nera invece della leggendaria e misteriosa matita copiativa (misteriosa non solo per il funzionamento ma anche per la natura del nome: che c'entra la copia, casomai l'opposto, dovrebbe chiamarsi matita incancellabile. Altro boh).

Referendum e' ovviamente latino. E' un sostantivo ricalcato sul gerundio accusativo del verbo refero (rĕfĕro, rĕfĕrs, retuli, relatum, rĕfĕrre), "riferire".

Guardando al paradigma del verbo e' interessante notare che anche verbi inglesi tipo to refer o to relate siano sempre originati da refero.

Se sul singolare di referendum c'e' concordanza tra italiano ed inglese, sul plurale parrebbe di no. L'Oxford dictionary propone infatti sia un referenda che un referendums mentre lo Zingarelli indica il sostantivo come invariabile.

Negli ultimi anni pero' anche in Italia si e' sentito spesso dire referenda.

Quale sara' la versione giusta? Propongo una quinta scheda! :D

Sunday, 22 May 2011

Seconds



Certo che una confezione da dodici croissants e' tanto, come faccio a mangiarmeli da solo? Poi finisce come al solito, che mi strafogo per finirli prima che si rinsecchiscano. Pero' £2.99 e' un affarone. E poi sono giganteschi e senti che profumo...

Questo pensavo mentre facevo la mia esperienza di spesa estrema, almeno per un single, in un magazzino tipo Metro. Ma alla fine i croissants li avevo comprati e regolarmente ne ho avuto uno di troppo anche domenica mattina scorsa, la mattina dell'annuale Bristol10k.

Tutto bene fino al settimo chilometro quando un senso di appesantimento mi costringe a rallentare il passo.

Cavolo ero su una media di 53, si pero' proprio non ce la faccio. Tea, un croissant ed un po' di cioccolata per l'energia, basta. Non c'era bisogno di un altro crossant con la marmellata, e di quei biscotti, e poi perche' sono andato a letto cosi' tardi ieri sera...

Pensieri confusi si intrecciano mentre il passo rallenta. Poi, piano piano, il ritmo riprende ma ormai il danno e' fatto. Il chip legato alla mia scarpa registra 54 e 28. Ventiquattro secondi in piu' dell'anno scorso. Sembra poco, un niente, forse ci vuole piu' tempo a leggere questo post, e proprio per questo lascia un po' di delusione.

Second e' un true friend, molto simile all'italiano secondo, con l'inglese che ha tolto la vocale finale giusto perche' preferisce far finire le parole con una consonante (consonant per l'appunto).

Ma second non e' molto diversa anche nelle lingue dei nostri vicini o antenati: dall'originaria latina secunda (Secundus, Secundi; della seconda ovviamente :P), dal francese seconde, dal tedesco Sekunde, che ha introdotto la teutonica k, dallo spagnolo e dal portoghese segundo, dal politically correct esperanto Sekundo, che prende un po' da tutti.

Probabilmente ce lo insegnano alle elementari, ma per tutti quelli che hanno una memoria tendenzialmente ram come me, vale la pena ricordare che, according to wiki, la parola latina secunda stava per pars minuta secunda la seconda operazione di divisione dell'ora in parti da 60. Che si distingueva dalla prima operazione, quella della pars minuta prima (da cui finalmente capisco anche perche' a volte si dice minuti primi).

Insomma, 54 (primi) minuti e 28 secondi (minuti).

Appuntamento al prossimo anno. Magari con un po' di spirito olimpico in piu' nell'aria andra' meglio!

Saturday, 14 May 2011

Philippa



Uno dei piccoli divertimenti in cui sono sicuro indulge ogni blogger, quando ha un po' di tempo da perdere, e' leggere le ricerche Google con cui i navigatori sono arrivati sul suo blog.

Con molta curiosita' per quello che potrei quindi leggere domani e per incrementare il traffico da accessi casuali (che non fa mai male ;), il post di oggi si intitola come si intitola.

Perche' anche in UK il destino di chi ha un nome proprio un po' lungo e' quello di vederselo accorciato. Mi pare anzi che qui l'uso del nomignolo sia molto piu' diffuso che in Italia e che sostituisca di fatto il nome vero, non solo nelle conversazioni tra amici ma anche nelle situazioni ufficiali. Non vi farebbe ad esempio strano sentire parlare di un certo Antony Blair o di un William Clinton?

Allora, please find enclosed una parziale e casuale lista. Cosi', per ogni evenienza:

Elizabeth > Liz
Catherine > Kate
Philippa > Pippa
Susan > Sue
Pamela > Pam
Victoria > Vicky
Geraldine > Geri
Patricia > Patsy

Andrew >Andy
Christopher > Chris
Robert >Rob
Daniel > Dan
Thomas > Tom
Jonathan > Jon
Mattew > Matt
Peter > Pete
William > Bill
Donald >Don
David > Dave
Philip > Phil
Edward > Eddie
Ronald > Ron
Antony > Tony
Stephen > Steve
Kenneth > Ken
Alexander > Alex

Come potete intuire, al lavoro, principale bacino della mia esperienza inglese, ci sono molti piu' uomini che donne!

PS: casomai qualcuno avesse il dubbio, Pippa non vuol dire niente in inglese ma Philippa vuol dire amante dei cavalli (φιλία,philia - amore; ἵππος,ippos - cavallo) che tutto sommato e' un sentimento very very British (ah, siete ancora in tempo per i biglietti di Royal Ascot se vi interessa...)

Tuesday, 3 May 2011

Census



Se questo fosse un blog che racconta le mie giornate proporzionalmente a come effettivamente le impiego, dopo piu' di un mese di assenza, dovrei ripresentarmi con un post intitolato overtime o stretched.

Il progetto a cui sto lavorando e che avevo ribattezzato, causa la preponderanza di risorse italiane, No English On-board, si e' trasformato in un Never Ending Overtime, ed il tempo e la voglia di scrivere sono state pretty low nel recente, e per di piu' assolato, periodo prevacanziero.

Prevacanziero perche' nell'anno in cui in Italia il calendario smontava ogni possibilita' di ponte, in UK, grazie al matrimonio di chi sapete, abbiamo beneficiato di 10 giorni di vacanza usandone solo 3 di ferie. Dalle quali, per inciso, sono purtroppo appena tornato.

Se questo fosse un blog che "sta sulla notizia" avrei quindi l'alternativa di parlare di "street parties" o di "subjects".

Invece vi propongo Census.

Un mesetto fa, dove eravamo piu' o meno rimasti, ho ricevuto la documentazione per il censimento 2011.

Adesso la mia presenza in UK restera' statisticamente certificata: Domenica 27 Marzo 2011 (giorno usato dal censimento per il loro snapshot) Nemo viveva a Bristol e non aveva ospiti a casa.

Census e' ovviamente latino purissimo: censŭs, censūs; quarta declinazione che, come ricorda wikipedia, "include i sostantivi maschili (in maggioranza), pochi femminili e neutri con tema u". Il plurale invece di restare un semplice e pulito censŭs diventa invece censuses.

La parola census deriva dal verbo censere, valutare, e, ai tempi dei romani, rappresentava l'atto di registrazione dei cittadini e dei loro beni a fini di tassazione fiscale. Poi nel settecento il significato e' evoluto nel senso di censimento della popolazione a fini statistici.

In Inghilterra il primo censimento e' stato nel 1801, e si e' tenuto ogni dieci anni escluso il 1941 (anno in cui c'era ben altro a cui pensare) ma ne fecero uno nel 1939 come WW2 National Registration. Per cui questo e' stato il ventunesimo.

In Italia invece il primo censimento e' stato nel 1861, e si e' tenuto anche li' ogni 10 anni, pero' un paio di volte e' saltato (1891, 1941) mentre sotto il fascismo e' stato fatto una volta con cadenza quinquennale (1936), quindi alla fine quest'anno in Italia ci sara' il quindicesimo censimento. Per l'esattezza Domenica 9 ottobre 2011. Dove sarete? Che starete facendo? Preparatevi!

Wednesday, 23 March 2011

Compere



Chi segue da un po' questo blog, si ricordera' forse che l'anno scorso ho raccontato di un corso di formazione che stavo facendo.

Il corso, per manager in erba, era moderatamente impegnativo: dieci giorni lavorativi distribuiti su alcuni mesi con homeworks intermedi e due assignments finali con un punteggio minimo da superare.

Essendo andato tutto bene, quest'anno sono stato selezionato insieme ad altri colleghi per partecipare ad una serata aziendale, una cena-cerimonia di celebrazione dello studio che si e' svolta venerdi scorso.

Una serata autocelebrativa di questo tipo, in cui ci sono un sacco di persone da premiare, corre il rischio di essere terribilmente noiosa, ripetitiva; gia' lo sono gli Oscar o i telegatti (ammesso che esistano ancora!), figuriamoci le cerimonie aziendali.

Invece devo ammetttere che sono stati bravi. Sono riusciti a mantenere la serata piacevole pur ottemperando alla necessita' intrinseca di lunghe sequenze di premiazioni, raramente emozionanti anche per l'interessato di turno. Anche il filmatino "markettaro" dell'orgoglio aziendale e il discorso del guest speaker, un Ministro che ha il suo bacino elettorale nella zona, sono scivolati via con leggerezza tra una portata e l'altra. (Nota a margine: solo in UK si puo' offrire come main course ad una cena di gala petto di pollo arrosto con contorno di broccoli e patate lesse. Vabbe'.)

Nemo e' salito sul palco due volte, la prima diciamo pure meritatamente (fosse solo come ricompensa di quel we di sole che giugno scorso mi passai a casa faticando sull'assignement), la seconda per pure fortuna: come tutte le cene di gala, almeno quelle del mio immaginario perche' era la prima a cui partecipavo, su ogni sedia avevano fatto trovare una busta per la beneficienza. Per incentivare la donazione vi hanno associato un'estrazione a sorte tra i donatori che, sorpresa!, mi ha visto vincitore: un pranzo per quattro nello stesso albergo. (Oddio...altro pollo?? :D).

Benche' ci sia stato un lavoro di squadra il merito della serata e' stato anche della brava compere.

Compere ['kɒmpεː], o piu' correttamente compère con l'accento grave perche' e' una parola di derivazione francese, indica il maestro di cerimonie. Compère deriva dal latino cum pater, attraverso la sua francesizzazione con-père, col significato di padrino (anche se oggi padrino in francese si dice parrain). E' interessante notare che esiste anche la parola commère, da cum mater. Ma mi sa che il maestro di cerimonie resti compere anche se donna, o almeno cosi' lo era nel mio caso.

Insomma anche la recognition of learning e' stata per Nemo un'occasione di learning. Kaizen forever! :D

Thursday, 10 March 2011

Mate



Uno degli svantaggi di lavorare per la mia azienda in UK invece che in altri siti europei e' che abbiamo meno ferie. Molte meno ferie.

Senza scendere in dettagli noiosi fondamentalmente abbiamo meno settimane (dei Francesi), meno bank holidays (degli Spagnoli), nessuna possibile conversione di straordinario in ferie (come i Tedeschi) e pure l'obbligo di usare tutte le ferie entro l'anno (ma questa non e' una condizione troppo pesante considerata la quantita').

Dopo aver, per anni, parzialmente sprecato le mie ferie in visite mediche, analisi del sangue, necessita' tricologiche e velleita' vestiarie, sono arrivato alla conclusione che non potendo aumentarmi il numero di giorni di ferie avrei dovuto aumentarne l'efficienza. Per cui oggi sono andato a fare una visita di controllo da un dentista locale .

Approfittando di un assolato, anche se freddo e ventoso, pomeriggio, della vicinanza dello studio dentistico e dell'effetto positivo delle ultime letture sulla decrescita felice ho deciso di andarci a piedi.

Camminare per strada in una zona residenziale, dove tutti si spostano in auto, fa un po' strano. Ho incontrato solo mamme col passeggino e persone che portavano a spasso il cane.

"Dog's fine, mate" mi ha bofonchiato senza alzare lo sguardo una di queste, scambiato il mio ceder loro, pigramente, il passo per timore del quadrupede.

Mate e' british slang per amico, si puo' usare da solo o combinato ad altre parole, ad esempio le persone che condividono un appartamento si chiamano flatmates o, nel caso di una casa, housemates.

Mate in spagnolo invece e' una bevanda simile al tea, tipica dell'Argentina. Come tipico dell'Argentina e' quel tango che stasera starei ballando se non avessero cancellato la lezione, senza avvisare. :(

Sunday, 27 February 2011

Gloucester



Due delle strade principali di Bristol sono Whiteladies Road e Gloucester Road.

Whiteladies Road, la strada delle bianche signore, vivace di giorno ma ancor piu' di sera ricca com'e' di clubs e pubs, separa (o forse dovrei dire unisce) due zone residenziali molto ambite, Clifton e Redland, caratterizzate da deliziose case vittoriane e georgiane, da costose scuole private e da allettanti vetrine di ottime delicatessen. Il nome della strada pare risalga all'800 e derivi dal nome di un pub, il Whiteladies Inn; una spiegazione talmente appagante lo stereotipo da farla apparire costruita ad arte!

Gloucester Road, strada piu' popolare e con una genuinita' senza filtro, e' densa di negozietti di ogni sorta, dal charity shop al take away, dal fiorista al riparatore di pc, pur ospitando anche lei pubs e ristoranti. Per Gloucester road, supporne l'origine del nome, e' piu' immediato e meno dubbio: e' la strada che porta a Gloucester.

Visto che ho gia' citato Gloucester 6 volte con questa (includendo il titolo) una domanda sulla pronuncia ci sta tutta: come l'avete letto? Gloster vero? Ah ecco, bravi, mica sarete come me che, appena arrivato, pensavo non senza una certa soddisfazione per aver riconosciuto il dittongo ou "di house", che si pronunciasse Glaucester quando invece ero semplicemente cascato nel primo di tanti ostacoli linguistici...

Ieri, per puro caso, cercando tutt'altro, ho scoperto che Gloucester Road e' anche un gruppo funk/rock di Bristol dalla musicalita' piacevole e "catchy".


Particolare curioso per un italiano emigrato a Bristol e' che al loro album di esordio "You are not mine" ha contribuito anche una ragazza italiana. Un po' di ricerca on line mi ha portato a due suoi brani che risuonano di rilassate atmosfere nordiche.

Bristol anche terra di musicisti in fuga?

Tuesday, 15 February 2011

Evergreen



Questo blog dovrebbe parlare di curiosita' linguistiche e culturali inglesi ma, oggettivamente, in questo periodo, come si fa?

Neppure il piu' fantasioso sceneggiatore avrebbe potuto pensare ad una involuzione politica come quella italiana.

In compenso le reazioni degli imputati alla richiesta di dimissioni da parte della pubblica opinione sono sempre le stesse:



Da "Signore e signori, buonanotte", 1976.

35 anni fa, giusto per ricordare come certi atteggiamenti siano dei veri e propri evergreen!

Thursday, 10 February 2011

One



One, 1, uno, l'Uno.

L'Uno mi ricorda i primi contatti, da adolescente al liceo come per tanti, con la filosofia.

Mi ricorda Platone, con il suo mondo delle Idee, e l'Uno principio primo che le genera. L'Uno al di sopra dell'essere, l'Uno come essenza stessa del Bene.

Oppure Pitagora, per il quale l'uno, questa volta tornato alla minuscola, alla sua essenza matematica, era l'unico tra i numeri a poter generare il pari dal dispari ed il dispari dal pari.

Duemilacinquecento anni fa circa. Facendo una media di una nuova generazione ogni 25 anni, 100 generazioni fa, tonde tonde. Alla fine neppure tantissimo.

Si era partiti bene...come ci siamo arrivati invece in mezzo a tutto questo? Voglio dire dalla φιλοσοφία, dall'amore per la sapienza a...Uan (piu' che lui i suoi derivati)? E soprattutto possiamo tornare indietro?

Aux armes (culturelles), citoyens!

Thursday, 3 February 2011

Rotten



Ho incontrato rotten anni fa, quando l'insegnante d'inglese, anzi di americano essendo lei di San Francisco, ci faceva vivisezionare i film.

Uno di questi, una brillante commedia degli equivoci con due simpatici impostori, Steve Martin e Michael Caine, si chiamava per l'appunto Dirty Rotten Scoundrels. Per quanto ricordo godibilissima: non posso che consigliarvela.

Rotten, aggettivo in quel caso utilizzato nel senso di corrotti, puo' essere anche usato, piu' informalmente e per estensione, per qualcosa di fisicamente marcio, tipo "rotten eggs". Oppure per indicare qualcuno che non sa fare bene qualcosa come in "you are a rotten cook" od infine col significato di indisposto, ammalato.

"You feel rotten now, don't you?" mi ha detto martedi scorso, aprendosi in un empatico sorriso, una giovane dottoressa non senza avermi chiesto prima, questa volta con tono e sguardo vagamente complice e pronto, nel caso, ad accondiscendente comprensione "What have you drunk yesterday?". No guardi, sono italiano, piu' che bere mi piace mangiare. Ho bevuto solo acqua. In compenso ho vomitato quattro volte in sei ore.

Beh, la prima parte della risposta non e' stata mai pronunciata, stavo troppo male per potermene uscire con risposte sarcastiche, ma il resto e' tutto vero.

Fatto sta che per tre giorni me ne sono rimasto a casa, steso da un virus intestinale, accudito dalla preziosa little Italy (piu' qualche collega) subito mobilitatasi, offrendo una fondamentale rete di soccorso e sicurezza.

Adesso dopo questi tre giorni di quasi ascetico digiuno passati tra letto e divano, tra computer, sms e dvd, siamo pronti a ripartire.

La prima influenza del 2011 e' stata archiviata!

Sunday, 30 January 2011

Madrigal



Sicuramente madrigal non rientra nelle 2000 parole che pare bastino per coprire l'80% di cio' che si legge pero', in barba alle statistiche, recentemente mi sono imbattuto in madrigal due volte in una mattinata.

La prima e' stata su un giornale, per la recensione di alcuni 'Monteverdi Madrigals'.

La seconda e' stata in un libricino che ho appena finito di leggere: "Gesu' lava piu' bianco" il quale, apertamente polemico fin dal titolo, rilegge la chiesa cattolica in termini dei dettami del marketing. Un divertissment neppure cosi' blasfemo o irriverente come si potrebbe pensare dal titolo, ammesso che non vi dia fastidio pensare ad una chiesa come ad un punto vendita e alla santificazione della festa domenicale come ad un metodo di fidelizzazione del cliente, musiche incluse.

Madrigal e' di sicuro una parola amica, un "true friend", perche' significa proprio la stessa cosa di madrigale, quindi il post potrebbe finire qui.

Il mio problema in realta' e' piu' con madrigale che con madrigal, nel senso che pur essendo una parola dal sapore familiare non saprei definirla correttamente.

Potrei addurre come scusa che, eccezioni statistiche a parte, e' davvero una parola che non si incontra tutti i giorni; pero' "l'ignoranza non e' ammessa" ed allora vale la pena ricordare, principalmente a me perche' sono certo che la maggior parte di voi gia' lo sappia, che un madrigale e' una tipologia di composizione musicale a piu' voci, diffusasi tra il Rinascimento ed il Barocco.

Di cui un esempio puo' essere per l'appunto un madrigale del citato Monteverdi (1567circa–1643).

Saturday, 22 January 2011

Frog



Frog, rana, probabilmente e' una delle prime parole di inglese che ho imparato. La parola, volendo essere precisi, era Frogger ma sempre di rane si trattava; rane che bisognava ricondurre a casa facendo loro prima attraversare una trafficatissima strada e poi un fiumiciattolo pieno di tronchi e tartaruge. E chi e' cresciuto negli anni '80 sa di cosa parlo :)

Frog, rana, deriva dall'Old English Frogga, rimanda al tedesco (der) Frosch e, ma qui il percorso un po' si perde, all'azione di saltare. In italiano e spagnolo si dice rana, come in latino (rana-ranae, prima declinazione) ed ha invece un rimando onomatopeico. Allo stesso modo del francese grenouille, direi.

Frog, rana, lo e' dispregiativamente un francese per gli inglesi, ed ovviamente a loro questo nomignolo non deve piacere molto.

Ho iniziato questa settimana con un paio di giorni di lavoro a Tolosa. Una sera sono entrato in un supermercato per comprare qualche prodotto francese da riportare a casa e, mentre gironzolavo tra i corridoi, mi sono imbattuto nel settore delicatessen straniere.

Nello scaffale sovrastato dalla bandiera italiana si potevano trovare pomodori secchi, carciofi sott'olio, aceto balsamico e vino chianti, giusto per citarne alcuni.

Nel bancone inglese erano disposte in bella mostra diverse confezioni di patatine al gusto di sweet chili, barattolini di marmite e, non plus ultra, alcune varieta' di Heinz beans in scatola. Frogs's revenge!!!

Friday, 14 January 2011

Kindle



To kindle e' un verbo il cui significato e' "accendere" nel senso fisico (il fuoco ad esempio) o figurato (la fantasia, un'emozione). Esiste sia in forma transitiva che intransitiva ed etimologicamente pare avere qualcosa a che fare con "candle". Vista l'assonanza ed il significato mi piace crederci.

Ma Kindle da qualche tempo e' anche un sostantivo importante, con tanto di maiuscola. E' il nome proprio dell'e-reader di Amazon.

Ne ho ricevuto uno recentemente in regalo ed e' stato amore a prima vista.

Non e' altrettanto cool quanto un IPad ma sulla durata batteria e sull'aspetto leggibilita' schermo e' irraggiungibile dai dispositivi a schermo luminoso, il che ne fa per gli appassionati di lettura uno strumento decisamente migliore.

La possibilita' poi di scaricare in pochi secondi praticamente qualsiasi libro si voglia, ha trasformato Amazon da un comodo Postalmarket degli anni 2000 a una vera biblioteca di Alessandria, un sito (questa volta davvero nel senso stretto di luogo) dove accedere a tutto o quasi tutto quanto e' stato pubblicato nel tempo. Spesso gratuitamente per i moltissimi libri i cui diritti d'autore sono scaduti. Insomma proprio un vero servizio di biblioteca! (ad onor del vero offerto anche da GoogleBooks, Project Gutenberg e chissa' quanti altri).

Sull'onda della suddetta eccitazione e di una recente idea di salvare gli articoli del blog (anche a Bristol ogni scarrafone e' bello a mamma soja) ho deciso di raccoglierli in annuari e salvarli nel formato (.mobi) scelto da Kindle.

Per chi avesse quindi un Kindle (probabilmente nessuno visto che Amazon in Italia per ora non lo vende), nella nuova sezione yearbook trova l'annuario 2008 di questo blog.

E' una versione riadattata, ho tolto i pochi video e le foto perche' Kindle da' il meglio di se' con un testo puro, ed anche i commenti, che sono parte importante della vita del blog ma che mi sembrava appesantissero una raccolta non pensata per l'interattivita' quotidiana.

Gli annuari 2009/2010 arriveranno durante l'anno sempre che non mi converta al formato epub (quello di IPad per dirne uno).

Wednesday, 5 January 2011

When in Rome do as the Romans do 2/2



When in Rome do as the Romans do significa che quando si e' in un posto nuovo e diverso bisognerebbe adeguarsi ed adottare i costumi locali.

Anche se viene inteso come un modo di dire che sprona a provare cose nuove io lo trovo un po' conformista, un po' Zelig (the Allen way).

E' un modo di dire a cui sono particolarmente affezionato perche' fu il primo che imparai, diversi anni fa, su una grammatica americana che la mia insegnante di allora mi regalo'.

Oggi che i tempi sono cambiati una rapida ricerca in rete mi ha permesso di scoprire che la sua origine e' latina:

Cum fueris Romae, Romano vivito more. Cum fueris alibi, vivito sicut ibic.

La versione latina e' citata ad esempio nell'opera di Jeremy Taylor "Ductor Dubitantium" (titolo completo Ductor Dubitantium or The rule of conscience in all her general measures; serving as a great instrument for the determination of cases of conscience) di cui, per gli appassionati, googlebooks ha la versione completa in rete.

Per i pigri invece ho estratto il pezzo in questione:

§ 5. He that fasted upon a Saturday in Ionia or Smyrna was a schismatic; and so was he who did not fast at Milan or Rome upon the same day, both upon the same reason;
Cum fueris Romae, Romano vivito more :
Cum fueris alibi, vivito sicut ibic.
because he was to conform to the custom of Smyrna, as well as to that of Milan, in the respective dioceses.


Infine per esercitare l'orecchio, un contributo di Barbra Streisand che gratifichera' molto l'uomo italiano (soprattutto quello del punto 2 del post precedente).

When in Rome do as the Romans do 1/2



Da quando uneasyJet ha tagliato le rotte su Pisa, Nemo, per i suoi rientri in Italia, ha scelto come base Roma dove alcuni amici vivono e generosamente lo ospitano. Nella sua ultima permanenza romana Nemo ha osservato che:

1) nella capitale di una nazione la cui lingua permette il lusso del Lei, ti danno tutti del tu.

2) alcuni uomini italiani sono proprio come lo stereotipo li rappresenta:

Esterno giorno, pieno centro, uomo sulla cinquantina in compagnia probabilmente di alcuni colleghi di lavoro a ragazza vestita in modo appariscente: "ciao!"
Lei si gira con la stessa curiosita' ed incuranza con la quale ci si gira quando si sente il suono di un clacson.
Lui, gongolante agli amici, "an' vedi che se' gira pero'!"

3) sulle scale mobili si tiene la destra e si sorpassa a sinistra, prova inequivocabile di un'usanza importata ma evidentemente acquisita.

A scanso di equivoci, Nemo si e' comportato as the Romans do solo per il terzo punto.