tag:blogger.com,1999:blog-24759930416078629082024-03-14T05:06:43.067+00:00Say again, please?Curiosità linguistiche e culturali dall'InghilterraNemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.comBlogger236125tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-58976776283257211002015-10-02T21:26:00.001+01:002016-08-03T20:30:22.734+01:00<br /><i>Nemo: ok, il gas è chiuso, le chiavi le ho restituite, i pacchi spediti, la macchina pure, gli amici salutati, il biglietto di sola andata acquistato, resta solo un’ultima cosa da fare.<br /><br />
Omen: Ah allora hai deciso! E ti rifarai vivo così, come se nulla fosse, dopo tutto questo tempo?<br /><br />
Nemo: Eh si lo so, ma anche andarmene senza dire nulla, come faccio? Dimmi, pensi che ci sarà ancora qualcuno là fuori?<br /><br />
Omen: Dubito ma non resta che affacciarsi e vedere. <br /><br />
Nemo: Vero. Ok, si parte, last round!<br /><br /></i>
<p> </p><FONT size=+4><FONT COLOR="#151B8D"><br />Hello, Goodbye</FONT></FONT><hr color="#151B8D" />
<br />
Dear reader,
<br /><br />
molto tempo è passato dall’ultima volta che ci siamo sentiti. Scusa se non mi sono fatto più vivo, so che anche i blog richiederebbero la loro netiquette. Il motivo della mia latitanza, come magari ti sei immaginato, è stato semplicemente che gli impegni quotidiani sono diventati più numerosi e scrivere questo diario è passato in secondo piano. Inoltre la formula del blog era diventata un po’ troppo ripetitiva e non mi divertiva più; mi sarebbe piaciuto continuare a fare interviste ma era troppo impegnativo farle bene. E così mi sono allontanato senza salutare, non per maleducazione ma per mancanza di coraggio di decretare a freddo la fine di un racconto, e di un rapporto.
<br /><br />
Però ora che, dopo quasi 10 anni di permanenza sul suolo Britannico, la mia esperienza inglese sta per finire, è giusto terminare ufficialmente anche questo blog.
<br /><br />
Una decade in una vita non è poco, per inciso il 10% ad essere ottimisti, e per ricordare che a noi ingegneri piacciono le percentuali. Non avrei mai pensato di vivere in Inghilterra e soprattutto di viverci così a lungo e piacevolmente. Bristol, ricca di festival estivi, di musica e buon cibo (anche gli stereotipi devono aggiornarsi ed arrendersi alla realtà dei fatti), capitale verde d’Europa 2015, merita sicuramente una visita magari estesa al sud dell’Inghilterra con le rilassanti “picture perfect” Cotswolds, con la meravigliosa Cornovaglia, o la sempre più vivace Londra ad un’ora e mezzo di treno.
<br /><br />
Per me adesso si presenta un’opportunità professionale nuova e sto migrando nel sud della Francia dove troverò più sole, più caldo, cibo migliore (perché gli stereotipi devono aggiornarsi ma bisogna anche essere onesti) ma una cultura più simile alla nostra, e questo è un peccato perché tutto sarà meno interessante, un po’ déjà vu per entrare nell’ottica della nuova lingua.
<br /><br />
Non inizierò un "Répétez SVP" perché penso che la cultura italiana e quella francese siano troppo simili per riprovare l’effetto spaisamento inglese, perché comunque anche io sto vivendo questo come un semplice trasloco professionale piu’ che un’avventura (mi sa è colpa dell’età), perché non mi piacciono i sequel e perché probabilmente non avrei tempo lo stesso.
<br /><br />
Voglio però ringraziarvi per avermi letto, il tempo è l’unica cosa davvero limitata e non acquistabile, grazie per averne riservato un po’ a quello che scrivevo.
<br /><br />
Scrivere un blog è stato divertente e stimolante anche per il rapporto che si instaura con gli altri blogger, amici virtuali a distanza.
<br /><br />
Da adesso i post di questo blog sono messaggi in bottiglia che navigano in rete, ed è bello pensare che saranno pescati di tanto in tanto da qualche google search, perché il lato positivo è che lo bottiglie on line non finiscono mai.
<br /><br />
Hello and Goodbye (and au revoir!)
<br /><br />
Yours faithfully,<br />
Nemo
<br /><br />
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="270" src="https://www.youtube.com/embed/zkH3PdDZZuA" width="480"></iframe>
<br /><br />
Post più’ letti dal 16 Luglio 2008 al 2 Ottobre 2015: top 3!<br /><br />
1) 10 August 2008 <a href="http://sayagainplease.blogspot.fr/2008/08/ma-perche-due-rubinetti.html" target="blank">Ma perche' due rubinetti?</a><br /><br />
2) 3 April 2009 <a href="http://sayagainplease.blogspot.fr/2009/04/you-are-pulling-my-leg.html" target="blank">You are pulling my leg</a><br /><br />
3) 10 April 2013 <a href="http://sayagainplease.blogspot.co.uk/2013/04/intervista-3-anna-del-conte.html" target="blank">Intervista #3: Anna Del Conte</a><br /><br />Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-8846269383191481442013-05-19T13:56:00.003+01:002013-05-19T16:12:56.121+01:00 Paste Dopo un mesetto di pigra latitanza dalle pagine del blog, visto che l'ultima volta parlavamo di cibo, propongo, in onore alla continuità linguistica, di ripartire da paste.<br /><br />
Continuità un po' artificiosa però, perché non di sfogliatelle, colorati bignè o voluttuosi cannoli parliamo, anche perché qui a Bristol di pasticcerie se ne vedono ben poche (ad esclusione di un buon franchising dal nome francofono). Il <i>paste</i> di cui vorrei parlare non è quello che di solito si accoppia con la crema, bensì con il <i>copy</i>.
<br /><br />
Oddio, qualche cosa anche questo <i>paste</i> (o meglio to paste, come verbo) ce l'ha in comune con le paste, perché l'incollaggio avviene pur sempre con una pasta, anche se adesiva. Ed anche la parola stessa, dice il dizionario etimologico on line, deriva dal francese paste, oggigiorno pâte, e dal tardo latino pasta (ed a questo punto immagino, qualche latinista nei dintorni?, dal latino pastus), attestandosi con il significato di pasta collosa solo nella metà del quindicesimo secolo.<br /><br />
Questa settimana c'è stata una camminata per sensibilizzare le persone ad uno stile di vita più sano. Nemo, che si ritiene già consapevole della teoria, si è risparmiato la messa in pratica del concetto, ma un'amica che invece ha partecipato all'evento, mi ha fatto notare una curiosità sul volantino dell'evento.<br /><br />
<div align="center">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-qzHvJB7-0QM/UZjOm3jAO7I/AAAAAAAAA48/oZLjuVUCuxY/s1600/image.jpg" imageanchor="1" ><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-qzHvJB7-0QM/UZjOm3jAO7I/AAAAAAAAA48/oZLjuVUCuxY/s320/image.jpg" /></a>
</div>
<br />
Insomma, grazie ad un frettoloso copy/paste, anche gli obesi possono continuare a mangiare tutte le paste che vogliono!<br /><br />Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-78230409454413601502013-04-10T21:34:00.004+01:002013-04-12T16:10:29.154+01:00 Intervista #3: Anna Del Conte Un paio di esanime fette di pomodoro, accompagnate da un drappello insapore di pisellini bolliti, languiscono in un piatto senza neppure il conforto del condimento, facendo da contorno ad una dimenticabile ma purtroppo non dimenticata bistecchina, indurita da una, forse inesperta, sicuramente ingiustificata, prolungata cottura. Questo fu il mio primo contatto con il cibo in UK, in un pub, quando arrivai nel 2006 per il colloquio di lavoro. Senza scomodare il filosofo tedesco Feuerbach ed il suo saggio "siamo quello che mangiamo", diciamo solo che l'esperienza non fu culinariamente piacevole.<br /><br />
L'attenzione che un popolo riserva al cibo è comunque un argomento interessante, perché con il cibo ci si deve confrontare quotidianamente, non foss'altro che per necessità biologica, e quindi il rapporto con il cibo aiuta a capire una società, oltre a rappresentare spesso, come nel mio caso, il primo contatto con la stessa.<br /><br />
Ho avuto recentemente l'occasione di approfondire questo argomento ed altri relativi al cibo con Anna Del Conte, una dei più stimati gastronomi italiani in UK.<br /><br />
La incontriamo nella cornice di un freddo e piovoso pomeriggio inglese, nella campagna del Dorset, una contea nel sud dell'Inghilterra, dove vive. Rappresentante della buona borghesia milanese, di cui mantiene inalterata una sobrietà ed un'eleganza agli antipodi dalla milanesità da bere impostasi negli anni '80, con cui l'Italia mi sembra faccia ancora, culturalmente, i conti, emigrata in Inghilterra come ragazza au pair negli anni '40, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, e da allora qui rimasta, Anna del Conte ha dedicato gran parte della sua vita a diffondere la sua passione per la cucina italiana. Scopriamo, fin dalle prime battute, una persona attenta ed informata ("ma lei di questo Grillo cosa ne pensa?"), ironica e schietta, come solo gli anziani a volte si permettono il lusso di essere.<br /><br />
La chiaccherata inizia dal suo ultimo libro, "Italian Kitchen", una raccolta di ricette di antipasti, primi e dolci, che ho trovato, da italiano, molto interessante, perché è un libro semplice, chiaro ed onesto nella sua essenzialità (fin dal titolo direi), una raccolta di ricette che ogni persona dovrebbe essere capace di cucinare per poter affermare di conoscere la cucina italiana. Un libro che consiglierei a chiunque abbia un amico inglese appassionato di cucina o italiano ma culinariamente illetterato o maldestro.<br /><br />
<div align="center"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-iWI-bYhcRmA/UV9DM95z8vI/AAAAAAAAA3s/iRdDxmcj_CU/s1600/ik.jpeg" imageanchor="1" ><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-iWI-bYhcRmA/UV9DM95z8vI/AAAAAAAAA3s/iRdDxmcj_CU/s320/ik.jpeg" /></a></div><br /><br />
Dai bucatini all'amatriciana, ai risi e bisi, dalla panzanella alla pasta con le sarde, dalla pastiera alla torta sbrisolona, il libro descrive un centinaio di ricette rendendo anche giustizia alla varietà geografica della nostra gastronomia, ben più ricca, mi ricorda la mia interlocutrice, della cucina inglese dove la varietà regionale è meno marcata per non dire assente, conseguenza, mi fa riflettere, del fatto che il Regno Unito è tale da molti secoli; manca il campanilismo, anche culinario, che c'è in Italia.<br /><br />
Mi fa comunque presente che esiste un orgoglio culinario inglese, che molti inglesi sanno di cibo e molti cucinano bene. Mi mostra un libro che secondo lei racconta bene la storia della cucina inglese, scritto da Tom Parker Bowles (il figlio di Camilla, quella Camilla, per chi fosse più attento ai nomi che ai cognomi), "Full English: A Journey Through the British and Their Food". <br /><br />
<b>E lei invece come ha iniziato la sua carriera di cookery writer?</b><br /><br />
"Come tutti i bravi italiani, per un certo periodo, erano gli anni '70, ho dato lezioni di italiano. Una mia studentessa era la figlia di un publisher che stava pubblicando un libro sul pane. Allora le ho proposto <i>would your father being interested on a book on pasta?</i> La sera stessa il padre mi ha contattato. Sono stata fortunata a trovarmi al momento giusto nel posto giusto" ammette con sincerità.<br /><br />
Il libro che ne è uscito, Portait of Pasta, più che un ricettario è un libro storico sulla pasta; me ne mostra una copia, e vengo colpito dalla copertina vagamente liberty, a distanza di più di 40 anni ancora graficamente molto bella.<br /><br />
<div align="center"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-p7XVyKS31Vs/UV9D1fwVF3I/AAAAAAAAA30/QDHC_Ef_lTI/s1600/pop.jpeg" imageanchor="1" ><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-p7XVyKS31Vs/UV9D1fwVF3I/AAAAAAAAA30/QDHC_Ef_lTI/s320/pop.jpeg" /></a></div><br /><br />
<b>In tutti questi anni di attività ha avuto l'occasione di seguire con attenzione il rapporto tra gli inglesi ed il cibo. Un recente <a href="http://www.ft.com/cms/s/0/0277f71c-7613-11e2-9891-00144feabdc0.html" target="blank">articolo di FT</a> ricordava che gli inglesi sono poco propensi a spendere per mangiare bene. Viene dato poco valore alla qualità degli ingredienti. Come mai secondo lei? E come è evoluto durante i decenni il rapporto degli inglesi con il cibo?</b><br /><br />
Il motivo, ci spiega, è storico. E spesso il legame con la storia tornerà nell'intervista.<br /><br />
"Si sono abituati durante la guerra ad acquistare cibo a poco prezzo; mi ricordo che quando sono arrivata qui, subito dopo la guerra, il cibo costava ancora molto poco in proporzione alla vita, solo l'11% del salario era speso in cibo, pochissimo. Dopo la guerra, negli anni '50, mentre l'Italia era un paese che si stava riprendendo grazie al piano Marshall, l'Inghilterra ha attraversato invece una fase molto dura, con il razionamento di carne e burro che è finito solo nel '54. Si trovava poca varietà ma la qualità era buona: ottime verdure, anche se limitate a quelle locali, carote, parnship, e ottimo pesce, anche se limitato a quello dell'Atlantico. Anche il maiale era migliore rispetto a quello di oggi perché era più grasso ed il maiale deve essere grasso! Negli anni '70 e '80 c'è stata invece la grande industrializzazione del cibo, anni terribili e caratterizzati da molto cibo pessimo. Solo alla fine degli '80, inizio '90 è iniziato il miglioramento, anche nei supermercati finalmente la qualità è molto migliorata. Ora l'attenzione al cibo è divenuta un'ossessione! Il cibo va più di moda dell'industria del vestiario." <br /><br />
<b>Nonostante questo mi pare che la cultura del cibo sia abbastanza scarsa e generalmente poco diffusa</b><br /><br />
Ho una teoria, la prenda per quello che è, "take it or leave it". La causa è dovuta al fatto che la loro rivoluzione industriale è iniziata prestissimo rispetto agli altri stati europei, alla fine del '700 inizio '800, in Francia è arrivata solo a metà ottocento, in Italia addirittura dopo la seconda guerra mondiale. Di conseguenza, una gran massa di persone ha lasciato la propria terra e si è improvvisamente urbanizzata ma a quei tempi non c'erano comunicazioni e, distaccandosi dalla terra, si sono distaccati dalla conoscenza del cibo. E' un retaggio che ancora li tocca.
<br /><br />
<b>E molti, a vedere dai supermercati, si rifugiano nei cibi precotti, per non parlare della quantità infinita di snacks, sandwiches e dolcetti venduti nei supermercati</b><br /><br />
Si anche io quando torno in Italia noto che il reparto di cibi preconfezionati è molto ridotto rispetto a quello inglese dove invece ci sono metri e metri di scaffali. Che poi comprare cibo preconfezionato è anche molto più costoso. Molti non cucinano o cucinano poco. <br /><br />
<b>Forse non ne ricavano piacere?</b><br /><br />
In realtà alcuni mangiano benissimo e sanno cucinare molto bene, ma come tutto è una questione di classe sociale, è solo la classe benestante quella che adesso mangia bene, anche perché cibo buono si trova ma costa caro. C'è poi il fatto che molti inglesi amano le soluzioni facili, ed è più facile comprare qualcosa di già pronto al supermercato che prepararselo; non trova che siano generalmente pigri?<br /><br />
<i>(Ci rifletto, non lo so, forse avrei dovuto rispondere che credo che tutta la società, almeno quella che conosco, ovvero la classe media occidentale è piuttosto pigra o forse preferisce fare altro, e confessare che anche io mi compro le lasagne precotte al supermercato)</i>.<br /><br />
<b>Pigrizia nell'acquisto e incapacità di gestirlo. Siamo una generazione (io incluso) che spreca anche molto, non trova? Immagino che quelli della sua generazione, avendo vissuto la penuria della guerra, abbiano un altro approccio, laicamente sacro col cibo </b><br /><br />
Qui un terzo del cibo viene buttato via, mi risponde con tono indignato. E' la Nazione che in Europa butta via più cibo! Ma anche in Italia? <br /><br />
<b> Non lo so, ma temo di sì, soprattutto da parte di chi vive da solo. Qui in UK poi è tutto più difficile a causa di best before cortissimi </b><br /><br />
Sì, hanno delle date di scadenza troppo corte e molti non sanno valutare se il cibo qualche giorno dopo la scadenza sia ancora commestibile (<i> in effetti spesso le persone non sanno giudicare se una verdura è fresca, e ci sono dei corsi di cucina, anche a Bristol, che ti spiegano come fare </i>) e poi i supermercati vendono pacchi grandi, io cerco di comprare cose sfuse, senza pacchi. Comunque sì, è un'atteggiamento generazionale; ma lo sa che si dice che la Regina, che è della mia stessa generazione, spenga le luci a Buckingham Palace?<br /><br />
<b>Pensa che la crisi economica ci aiuterà a cambiare la mentalità? Provoco io </b><br /><br />
Lo spero, è l'unica cosa che le nuove generazioni possono imparare - risponde con una certa mestizia<br /><br />
<b>Restando sul tema di imparare, mi ha colpito molto un passaggio della sua biografia, Risotto with nettles, una riflessione che ribattezzerei "il dilemma dell'expat", dove con lucidità ricorda che vivendo all'estero si diventa un po' ibridi, persone che non si sentono più a casa loro né nel paese di origine né in quello di adozione ed anche nei rapporti affettivi, nella capacità di comprensione reciproca, tutto è più difficile.</b><br /><br />
<br /><br />
<div align="center"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-tAWAit-w8E4/UVgzKLqGdBI/AAAAAAAAA3c/gEzWSg5GnS8/s1600/risotto+nettle.jpeg" imageanchor="1" ><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-tAWAit-w8E4/UVgzKLqGdBI/AAAAAAAAA3c/gEzWSg5GnS8/s320/risotto+nettle.jpeg" /></a></div><br /><br />
Si vivere all'estero è sicuramente un'esperienza che arricchisce ma c'è un prezzo da pagare. Mi legge un estratto della parte a cui mi riferivo "you certainly learn to share most things, but the baggage of anecdotes, proverbs, everyday allusions remain incomprehensible to the other person". Mi ricordo che con mio marito tutto queste differenze culturali ci separavano; avevamo lo stesso tipo di educazione, lo stesso tipo di classe sociale, ma tutto quello che era il contorno era diverso. <br /><br />
Concludo ricordandole una frase che mi regalò un'amica italiana al momento della partenza: prendi il meglio da entrambe le culture e lascia il resto. In effetti riconosciamo che il Paese dove, forse per caso, siamo finiti ma in cui abbiamo deciso di vivere offre anche molti vantaggi, un civismo enorme, il senso della democrazia, molta meno burocrazia, molta libertà, banche efficienti, un senso di unità che in Italia non c'è, ma d'altra parte, e qui torna la storia, gli italiani hanno sempre visto il loro governo come nemico, perché era davvero nemico, spesso invasore. La tradizione culinaria invece non era certo il meglio dell'Inghilterra. Il pub di cui parlavo all'inizio nel frattempo è, giustamente, fallito. Forse anche in UK oggigiorno da un pub lunch si pretende qualcosa di più. Se molto è migliorato e se il cibo italiano è apprezzato e copiato, credo che un po' lo si debba anche all'opera divulgativa svolta da Anna Del Conte tramite i suoi libri. <br /><br />Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-22426826653698277172013-03-10T20:27:00.001+00:002013-03-11T23:21:01.727+00:00 Plot "Miii, Cesare..." si lamenta in siciliano l'attore sullo schermo e penso che gli Inglesi costretti a leggersi dei sottotitoli, inevitabilmente privati delle espressioni dialettali, si stiano perdendo molto.<br /><br />
E' mercoledì sera, tipico giorno da cinema, anche al di qua della Manica (o siete voi, che non state in UK, al di qua?) e sono al cineclub di Bristol catturato da "Cesare deve morire", il film dei fratelli Taviani, Orso d'oro a Berlino 2012. Film intenso ed originale, racconta la storia della messa in scena del Giulio Cesare di Shakespeare nel carcere di Rebibbia, palcoscenico le celle, i corridoi e gli spazi aperti all'interno del carcere, attori i detenuti, i loro diversi dialetti la lingua scelta per recitare.<br /><br />
<iframe width="560" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/JH8KxCqkPf0" frameborder="0" allowfullscreen></iframe><br /><br />
Ovviamente non ho posto la minima attenzione ai sottotitoli, tranne quelli indicanti i "capitoli" della storia ma mi sono accorto che congiura era tradotto con <i>plot</i>. Che è vero, ma mi ha fatto sorridere perché per me, dopo anni di quotidiano uso di excel, plot è solo un grafico, solitamente di colore rosso e blu (i due colori di default, che a volte cambio con lo stesso spirito rassegnatamente consolatorio del malato a cui, bloccato a letto, non rimane che la possibilità di rigirarsi nello stesso).<br /><br />
Ed invece, guardando sull'Oxford Dictionary of English (OXE, come è comunemente chiamato) congiura è il primo significato di plot, e grafico l'ultimo. In mezzo c'è plot come trama di un racconto e plot come pezzo di terra. Interessante l'etimologia che viene dal francese "complot", ed il fatto che una trama troppo complicata si possa definire plotty.<br /><br />
Per chi fosse in zona Stratford-upon-Avon, <a href="http://www.rsc.org.uk/whats-on/julius-caesar/" target="blank">Giulio Cesare</a> verrà portato in scena ad Aprile. Per prepararsi (e per tutti gli altri che non hanno la sorte di vivere nella terra del bardo) c'è Youtube. Enjoy the play - altrettanto originale, ambientata questa volta in Africa - and the plot.<br /><br />
<iframe width="560" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/BPNd1K49M8I" frameborder="0" allowfullscreen></iframe>Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-19290456502505419322013-03-02T19:13:00.002+00:002013-03-10T11:47:39.995+00:00 Instructions Oggi parliamo di un tipico aspetto della cultura inglese, che potrebbe essere classificato sotto il nome di "non dirmi che non ti avevo detto come procedere", apprezzabile in linea di principio, ma ormai completamente degenerato nel ridicolo.<br /><br />
Perché io capisco e condivido che nella gestione di un Paese così ricco di culture provenienti da tutto il mondo non si possano dare per scontati comportamenti e usanze, e per cui sia apprezzabile che, per esempio, a Londra delle scritte per terra (look right, look left, con tanto di freccia, per chi non se la cava ancora con l'inglese) ricordino al forestiero pedone in procinto di attraversare la strada da quale direzione le macchine potrebbero arrivare, ma non capisco perché un automobilista non dovrebbe sapere che al rosso ci si ferma:<br /><br />
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-aVnZJrTkIlc/UTJAW0mN-kI/AAAAAAAAA2w/vdlSpSb8fNQ/s1600/red.jpg" imageanchor="1" ><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-aVnZJrTkIlc/UTJAW0mN-kI/AAAAAAAAA2w/vdlSpSb8fNQ/s320/red.jpg" /></a>
<br /><br />Ci sarei anche passato sopra, su questo lapalissiano cartello, figlio di quella cultura di cui dicevamo all'inizio, se non fosse che da qualche giorno ho visto un nuovo cartello in giro:<br /><br />
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-vuWncUM63nQ/UTJAXWdC5eI/AAAAAAAAA20/L8fre0-SmF8/s1600/verde.jpg" imageanchor="1" ><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-vuWncUM63nQ/UTJAXWdC5eI/AAAAAAAAA20/L8fre0-SmF8/s320/verde.jpg" /></a>
<br /><br />
Ed allora io mi immagino il lungo dibattito al Ministero dei Trasporti in cui esperti del traffico e della comunicazione si interrogano sulla completezza logica dell'affermazione "when red light shows wait here" per concludere che quel segnale, implicando solo che i veicoli si fermino, senza dare alcuna indicazione su quando sia lecito ripartire, rischi di mettere il Paese di fronte a code infinite ma giustificate, dirò di più, quasi sconsideratamente sollecitate dall'autorità e che bisogna lanciare subito, senza indugi, una campagna di ritiro dei vecchi cartelli, logicamente difettosi, per sostituirli con un inequivoco "wait here until green light shows".<br /><br />
Però non posso, da cittadino attivo, non pormi una domanda: e se la lampadina del verde si è fulminata? Statisticamente ogni tanto accadrà. Ecco si, domani mando una mail suggerendo un nuovo, ultimo cartello, "aspettare qui fino a che non appare la luce verde - solo in caso di semaforo funzionante".<br /><br />
PS: instruction, così come instruct, instructor e affini derivano tutti da instrŭĕre (instrŭo, instrŭis, instruxi, instructum, instrŭĕre)Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-77836102747688669922013-02-22T20:12:00.001+00:002013-02-22T20:22:04.422+00:00 Petulant/e"Now it's you acting as a petulant child!"<br /><br />
Stavamo facendo il rituale giretto attorno all'edificio con i colleghi, dopo pranzo, quando la parola <i>petulant</i>, insieme alla frase che la portava in grembo, si è distinta dal rumore di fondo della conversazione che un paio di mie colleghe inglesi stavano tenendo (e che non era un acido dissidio tra di loro, in realtà il soggetto in questione era il marito di una delle due).<br /><br />
Con scarsa empatia sia nei loro confronti che del suddetto marito, Nemo ha solo pensato: petulant/petulante, interessante, molto latina come parola.<br /><br />
Ed eccomi qua a cercare <i>petulant</i> sull'Oxford Dictionary e sul dizionario latino, scoprendo che viene da pĕtŭlans e che è legata a sua volta a pĕtĕre (pĕto, pĕtis, petii, petitum, pĕtĕre) chiedere, di cui mi viene da pensare discende anche petizione, e a farci un post sopra, visto che <a href="http://sayagainplease.blogspot.co.uk/2012/10/violino.html" target'"blank">Violin/o</a> è stato a lungo su facebook il post più virale prima di cedere il passo a <a href="http://sayagainplease.blogspot.co.uk/2013/01/love-at-first-sight.html" target'"blank">Love at first sight</a> a conferma che niente vende come il sesso ;)<br /><br />
Ecco quindi una nuova lista di parole facili facili, perché in inglese si ottengono semplicemente togliendo la 'e' final/e.<br /><br />
animal/e<br />
opinion/e<br />
different/e<br />
important/e<br />
mission/e<br />
question/e<br />
innocent/e<br />
pertinent/e<br />
natural/e<br />
convenient/e<br />
present/e<br />
suggestion/e<br />
urgent/e<br />
vision/e<br />
television/e<br />
magnet/e<br />
agent/e<br />
social/e<br />
usual/e<br />
discussion/e<br />
confusion/e<br />
professor/e<br />
moral/e<br />
vital/e<br />
ideal/e<br />
prudent/e<br />
question/e<br />
recent/e<br />
decision/e<br />
material/e<br />
gradual/e<br />
aviator/e<br />
original/e<br />
art/e<br />
illusion/e<br />
artificial/e<br />
conclusion/e<br />
virtual/e<br />
religion/e<br />
evident/e<br />
Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-44732475399430972592013-02-09T11:23:00.000+00:002013-02-09T20:58:34.417+00:00 Any preference?Che la legge non sia proprio uguale per tutti, nonostante l'opposto sia assicurato a chiare lettere nelle aule di tribunale (e chissà se ci sarebbero gli estremi per una causa per pubblicità ingannevole) penso sia una verità con cui ognuno si sia prima o poi, in maniera diretta o indiretta, confrontato. Però che anche la legge elettorale non fosse uguale per tutti, questo non me lo sarei mai aspettato.<br /><br />
Giovedì scorso mi sono arrivate dal Consolato di Londra le schede elettorali ed ho scoperto che, noi votanti nelle circoscrizioni estere, possiamo esprimere delle preferenze sui candidati. Da noi la <a href="http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2005-12-30&atto.codiceRedazionale=005G0284¤tPage=1" target="blank">legge n. 270</a> del 21 dicembre 2005, altresì familiarmente nota come "il Porcellum", non si applica, bensì abbiamo una <a href="http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2001;459" target="blank">legge elettorale</a> ad hoc.<br /><br />
E qui, azzardando una disamina etimo-sociologica per la quale evidentemente non ho i titoli, secondo me ci sarebbe da dirla lunga sul fatto che il termine sia diventato, per quanto pessima nelle intenzioni e nei fini possa essere la legge stessa, tanto popolare e che un intero Paese, classe dirigente in testa, accetti, seppur con sarcasmo, di riferirsi ad essa, una delle leggi fondanti della sua democrazia, quella elettorale appunto, con la parola "porcellum" e poi si fermi lì, senza fare niente, come se la sola appellazione negativa avesse delle proprietà traumaturgiche o limitasse le responsabilità di chi non fa niente per cambiarla avendone i mezzi. Insomma non riesco ad immaginare che gli Inglesi, ancora, classe dirigente in testa, potrebbero per anni accettare di avere una "piggy electoral law" e magari riderci su. Chiusa parentesi, altresì familiarmente noto come pippone.<br /><br />
Così ieri sera, mentre il mio omonimo atmosferico purtroppo imperversava su New York, mi sono dedicato a più miti attività, con accanto solo una tazza di tea, l'inciso è per gli affezionati, ovvero spulciare i candidati delle liste papabili. Esercizio lungo, perché colpevolmente non mi sono informato fino ad ora sui candidati, in certi casi frustrante, visto la pochezza di materiale in rete su alcuni, in altri deludente vistone la qualità.<br /><br />
Preference come si può facilmente immaginare, vuol dire preferenza, e la somiglianza è dovuta ancora una volta, nell'origine latina: praeferre (præfĕro, præfĕrs, prætuli, prælatum, præfĕrre), portare avanti.<br /><br />
E, visto che la preferenza sposta il potere decisionale nella direzione del cittadino, dopo la campagna "<a href="http://sayagainplease.blogspot.co.uk/2012/10/enough-is-enough.html">Il Natale a Natale</a>" e "<a href="http://sayagainplease.blogspot.co.uk/2013/01/stand-up-for-your-commercial-rights.html">Conosci i tuoi dirit</a>ti" (commerciale versione mestamente contemporanea del più salvifico Conosci te stesso), posso sicuramente portare avanti l'idea che "Preferisco la preferenza!"<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-Zs7fWwcS8aY/URY0gTwiX8I/AAAAAAAAA2U/fyur2Gd0HXA/s1600/voto.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="300" width="400" src="http://4.bp.blogspot.com/-Zs7fWwcS8aY/URY0gTwiX8I/AAAAAAAAA2U/fyur2Gd0HXA/s400/voto.jpg" /></a></div>
Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-19579000472952550672013-01-25T21:55:00.000+00:002013-01-25T21:55:35.375+00:00 Love at first sightUn paio di venerdi fa, un pomeriggio che sono uscito abbastanza presto dal lavoro per godermi un po' di luce, gironzolando pigramente in centro, l'ho incontrata. Era lì, insieme ad un gruppo di coetanee, amiche sue probabilmente. Non facevano nulla di speciale, guardavano le persone passare, quasi aspettavano direi. Si somigliavano anche un po' tutte, ma poi, come spesso succede, ce n'è sempre una che spicca per qualcosa. E non vorrei sembrare il solito stereotipato esemplare di maschio superficiale, ma a me ha colpito il modo in cui era vestita: classica, elegante, ma allo stesso tempo sbarazzina ed originale, insomma, considerando i gusti medi della popolazione che mi circonda, una vera rarità.<br /><br />
Da cosa nasce cosa e, non lo dico per vantarmi, dopo qualche ora era già a casa mia.<br /><br />
Ci siamo sistemati sul divano, le ho preparato un tea, abbiamo fatto finta di ignorarci per qualche minuto ma poi ci siamo subito toccati e, da vera prima volta, non ho potuto non sentire un brivido, come se lei si sciogliesse tra le mie mani. Ed è bastato un attimo e già avevo anche le mie labbra su di lei, e poi i denti per morderla che si sa, noi italiani siamo passionali. Ed infine è stato un turbinio di sensazioni, un fondersi l’uno nell’altro.<br /><br />
Forse, anche per via che era da un po' che mi tenevo alla larga da queste cose - venivo infatti da un periodo di eccessi, che non fanno mai bene alla salute si sa - il piacere si è mescolato subito al senso di colpa e tutto si è consumato in fretta e furia in una sera, in un'ora o poco più.<br /><br />
Da quella sera, come potete immaginare, nonostante i buoni propositi, ci siamo rivisti e, almeno per ora, la passione è quella della prima volta. Mi sa che è proprio amore a prima vista, love at first sight appunto.<br /><br />
Solo il nome, pur finendo per a, lo trovo davvero poco femminile: <a href="http://www.montezumas.co.uk/chocolate-gifts/eton-mess-bar.html" target="blank">Montezuma</a>
Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-30438075450340732212013-01-18T17:22:00.002+00:002013-01-20T09:25:59.706+00:00 Concord(e)Come si può facilmente intuire, concord in inglese significa concordia, armonia, accordo.<br /><br />
Però il Concorde, l'aereo supersonico anglo-francese (o franco-inglese a seconda delle preferenze) ha una 'e' in fondo nel nome...curioso, no? Perché come in francese e non in inglese?<br /><br />
Una divertente, e plausibile spiegazione considerando gli stereotipi francesi ed inglesi, la propone "Yes, Prime Minister", una serie comica trasmessa dalla BBC alla fine anni '80, nell'episodio "<a href="http://www.veoh.com/watch/v22895768dge3B2yP" target="blank">A diplomatic incident</a>". Una serie piena di ironia (e anche di strettissimo accento) british, una vera gioia se vi piace il genere; agli altri consiglio di resistere almeno i primi 5 minuti, tutta la gag sul tunnel sotto la Manica è fantastica.<br /><br />
Primo Ministro: Don't we ever get our own way with the French? <br />
Collaboratore: Well, sometimes. <br />
Primo Ministro: When was the last time? <br />
Collaboratore: Battle of Waterloo, 1815.<br /><br />
PS: By the way, siamo sommersi dalla neve, hanno chiuso perfino l'azienda, per cui oggi ne ho approfittato per fare una foto a una delle glorie ingegneristiche della città...<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-MNjUESPkkww/UPlzWEAfAjI/AAAAAAAAA10/p30enxi_6r4/s1600/Concorde.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="300" width="400" src="http://3.bp.blogspot.com/-MNjUESPkkww/UPlzWEAfAjI/AAAAAAAAA10/p30enxi_6r4/s400/Concorde.jpg" /></a></div>Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-9646495982106031692013-01-12T12:46:00.004+00:002013-01-13T11:42:06.860+00:00 Stand up for your (commercial) rights<i>Post lunghetto da Pubblicità Progresso.<br /><br />Questa è una storia vera. I personaggi sono reali, la conversazione è avvenuta in inglese ma è stata tradotta e riassunta per comodità, lasciando però inalterato il senso.</i><br /><br />
<b>Operatore Customer Support di una grande multinazionale (OCS)</b>: Buongiorno, vedo che ci ha chiesto di chiamarla perché ha un problema con il nostro prodotto elettronico. Mi dispiace molto. Ha provato a formattarlo riportando i settaggi allo standard iniziale?<br /><br />
<b>Nemo</b>: Si. Seguendo il consiglio di un suo collega, ho già provato ma non è cambiato nulla, il problema permane; anche se lo lascio in carica tutta una notte, come lo accendo e provo ad usarlo, dopo pochi minuti si scarica.<br /><br />
<b>OCS</b>: Sono molto dispiaciuto ma in questo caso dal punto di vista tecnico non posso fare nulla. Se rimane il linea le passo l'ufficio marketing.<br /><br />
<b>Nemo</b>: Si certo<br /><br />
<b>OCS-marketing</b>: Buongiorno, ci dispiace che il suo dispositivo abbia un problema, purtroppo il suo dispositivo essendo più vecchio di un anno è fuori garanzia però visto che lei è già nostro cliente se le interessa comprarne uno nuovo posso proporle uno sconto doppio rispetto al normale. E' interessato?<br /><br />
<b>Nemo</b>: E' vero che questo oggetto è più vecchio di un anno, però mi è stato regalato meno di due anni fa, ed è stato acquistato qui in UK, insomma in Europa, quindi dovrebbe essere ancora coperto da garanzia, che so durare due anni.<br /><br />
<b>OCS-marketing</b>: Ah...ehm...lei fa riferimento alla legge EU?<br /><br />
<b>Nemo</b>: Si<br /><br />
<b>OCS-marketing</b>: ...in questo caso devo chiedere ad un superiore, la ricontatteremo entro 24 ore.<br /><br />
Due ore dopo mi arriva un'email che diceva più o meno questo: in seguito all'avvenuta conversazione, viste le circostanze, in via eccezionale, possiamo offrirle un nuovo dispositivo in cambio di quello vecchio.<br /><br />
In via eccezionale? In via eccezionale?? L'eccezione casomai sarebbe stata non applicare la legge, questa dovrebbe essere la norma "viste le circostanze"!<br /><br />
Ovviamente io sono contento perché adesso ho il mio apparecchietto nuovo luccicante e funzionante, ma sono anche consapevole che non mi hanno fatto un piacere, mi hanno solo sostituito qualcosa che si era rotto prima del tempo contrattuale perché, si sappia, <b>ogni prodotto comprato in Europa (intendendo un Paese dell'Unione Europea) è coperto da 2 anni di garanzia (questo è il link alla <a href="http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/protection_of_consumers/l32022_en.htm" target="blank"><b>direttiva 1999/44/CE</b> </a> e questo il più generale <a href="http://europa.eu/youreurope/citizens/index_it.htm" target="blank">portale europeo</a> a cui fare riferimento).</b><br /><br />
E siccome, anche se c'è molto di peggio, trovo profondamente scorretto - ai limiti del legale ma non è il mio campo - che si cerchi di lucrare sull'ignoranza del cittadino e che alcune aziende attuino le leggi solo se messe con le spalle al muro dell'evidenza, penso che in mezzo a tante informazioni futili e superflue, in mezzo a tanto chiacchericcio che circola in rete, incluso il mio ovviamente, sarebbe invece utile che questa informazione, non dico questo post, circolasse il più possibile. Se "informazione è potere", condividere quella utile è quasi un dovere civico.<br /><br />
"Stand up for" si può tradurre con parlare, agire in favore di qualcosa.<br /><br />
E visto che uno dei più famosi "stand up for" si ritrova nella canzone di Bob Marley "Get up, stand up", questa volta chiudiamo in musica.<br /><br />
<iframe width="420" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/q7iXcKKpdx0" frameborder="0" allowfullscreen></iframe><br /><br />Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-77352140724379572942012-12-31T16:43:00.000+00:002013-01-03T21:19:20.538+00:00 NYEEbbene ci siamo, stasera non è una sera qualunque, stasera è NYE, acronimo che mi depista sempre un po' a causa di quelle N e Y maiuscole che la mia mente non riesce a non associare a New York.<br /><br />
Ed invece no, NYE è l'acronimo di New Year's Eve e, per una volta, per la prima volta, Nemo lo passerà in UK, a Londra per l'esattezza, grazie anche al generoso supporto logistico di un amico expat che invece ha optato per un capodanno in Italia.<br /><br />
Come da immaginario collettivo, è una Londra grigia e piovosa quella che ci sta accompagnando verso la notte di capodanno, notte che tornerà solo tra un anno, come tutte le notti del calendario, a pensarci bene.<br /><br />
Ma la notte di capodanno, rispetto alle altre, ha l'immeritato vantaggio di essere di confine, sa di trasposizione temporale di quelle linee artificiali che sono i confini tra gli Stati, per cui ci piace pensare che da domani si entri in un nuovo regno, che stasera stiamo attraversando qualcosa di speciale, che ci stiamo traghettando senza sforzo, stando semplicemente fermi sul tapis roulant della vita, in una nuova fase.<br /><br />
Capodanno come un risorto Babbo Natale per adulti. Preparate un desiderio da esprimere, si parte per il 2013!<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-SmFD-7QR4XM/UOX1ztMULcI/AAAAAAAAA1U/6hvk5oQg47E/s1600/nye.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="400" width="300" src="http://2.bp.blogspot.com/-SmFD-7QR4XM/UOX1ztMULcI/AAAAAAAAA1U/6hvk5oQg47E/s400/nye.jpg" /></a></div>
Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-77238913849448035262012-12-23T13:40:00.001+00:002012-12-23T13:40:48.988+00:00 Christmas puddingTempo di Natale, tempo di tradizioni, tempo, in Inghilterra, di tacchini farciti e di Christmas puddings.<br /><br />
E, visto che le parole tacchino e farcito, possono dare sufficienti indicazioni su cosa ci si possa aspettare anche a chi un Natale all'inglese non lo abbia mai festeggiato, parliamo invece di puddings (pronuncia <i>pudding</i> - non <i>padding</i> per inciso)<br /><br />
Intanto perché di varietà di puddings ce ne sono davvero tante, da quelli salati, come lo Yorkshire pudding, a quelli dolci, come il Christmas pudding per l'appunto, ma anche perché per un esponente dell'upper class o dell'upper-middle, la parola pudding indica addirittura un qualsiasi dolce rendendo la cosa ancora più confusa (dessert, ho scoperto, è invece considerato decisamente middle class).<br /><br />
Oddio, ad ormai poche ore dal Natale, questo post arriva decisamente in ritardo, nel caso avessi voluto suggerirvi l'idea di preparare un pudding. Tradizionalmente infatti, il pudding di Natale, una specie di budino denso a base di ingredienti leggeri quali frutta secca, spezie dolci, zucchero, burro, immerso ovviamente in qualcosa di alcolico come sherry, brandy o whisky e servito con custard cream o gelato, dovrebbe essere preparato la domenica dell'Avvento.<br /><br />
Oggigiorno in realtà, a giudicare dalla quantità di Christmas puddings nei supermercati, da quelli economici di Tesco a quelli "branded" degli chef arruolati da Waitrose, gli Inglesi preferiscono dedicare il tempo libero ad altro ed accontentarsi di un (ennesimo) prodotto confezionato.<br /><br />
Però per chi volesse profumare il Natale con un po' di englishness, e non avesse una gastronomia inglese sotto casa, suggerisco di provare un insolito pudding, quello di Agatha Christie: <a href="http://www.amazon.co.uk/Adventure-Christmas-Pudding-Poirot-ebook/dp/B0046H95S6/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1356001005&sr=8-1" target="blank">The Adventure of the Christmas Pudding</a>"<br /><br />
Un'elegante casa nella campagna inglese, il pranzo di Natale, l'inevitabile ereditiera innamorata di uno scapestrato, un gioiello scomparso e l'occhio attento di Poirot (anche lui, come noi, straniero alle prese con l'inglesità ed ovviamente la tradizione del Christmas pudding. Ironico e leggero, è un godibile raccontino per continuare, dopo il pranzo di Natale, a frequentare il cibo a calorie zero. <br /><br />
Merry Christmas!
Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-15002946606384515232012-12-01T15:38:00.000+00:002012-12-01T15:38:42.863+00:00 Better safe than sorryDurante un recente fine settimana cultural-masochistico a Stratford-upon-Avon, dove l'aspetto culturale era costituito dalla visione di una commedia di Shakespeare e quello masochistico pure (per la già sperimentata velleità dell'atto riguardo alla possibilità di comprensione), ho soggiornato in uno dei tanti bed&breakfast della zona imbattendomi nella concretizzazione fisica di una delle maggiori ossessioni inglesi, quella per la sicurezza, per il <a href="http://sayagainplease.blogspot.co.uk/2010/11/safety-first.html" target="blank">safety first</a>.<br /><br />
Il phon che ho trovato nella stanza, infatti, non solo era fuori dal bagno ma aveva anche quattro barriere "funzionali"<br /><br />
1) per far funzionare il phon si doveva tenere premuto il pulsante sul manico, in caso di rilascio il phon smetteva di funzionare<br />
2) l'interruttore nero I/O doveva essere posizionato su I <br />
3) ovviamente la spina doveva essere inserita nella presa<br />
4) la presa doveva essere attivata tramite l'interruttore posto a suo fianco<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-c2r9r0nowWY/ULJBkPcoz0I/AAAAAAAAAy4/fTO2tceeTGk/s1600/phonrosso.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="300" width="400" src="http://1.bp.blogspot.com/-c2r9r0nowWY/ULJBkPcoz0I/AAAAAAAAAy4/fTO2tceeTGk/s400/phonrosso.jpg" /></a></div>
Un grande sforzo che, a pensarci bene, non garantisce neppure un sistema molto più sicuro di altri perché chiunque lascerà sempre attaccati l'interruttore I/O, la spina nella presa e la presa collegata alla rete dopo aver fatto la, seppur minima, fatica della prima volta!Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-7530514791997544742012-11-16T19:18:00.002+00:002012-11-16T20:45:08.366+00:00 To pull through"Girlfriend in a coma, I know / I know - it's serious...Do you really think / She'll pull through?" recita un canzone degli Smiths, band inglese di rock alternativo anni '80.<br /><br />
Non so se sia realmente esistita, e nel caso chi fosse, la ragazza della canzone ma oggi, per il giornalista Bill Emmott e per la regista Annalisa Piras, autori del film documentario "Girlfriend in a coma", la povera ragazza è la nostra Italia.<br /><br />
Non credo che questo film, per l'intrinsecità del genere, rivelerà qualcosa di nuovo a noi italiani, almeno non a quelli con un minimo di interesse per l'attualità. Anche se, a volte, rivedere i fatti messi tutti in fila fa un certo effetto e, da tanti elementi singoli e confusi, viene fuori un concetto, un'immagine nuova, precisa, chiara, un po' come quando si uniscono i puntini nei disegni della Settimana Enigmistica.<br /><br />
Sarà anche interessante vedere come reagiranno gli inglesi (sempre che si aprano un po' e vadano al di là di "Uh, oh, so surprising"). Secondo me una delle fortune dell'Italia è che pochi inglesi hanno il tempo e l'interesse di seguire da vicino le vicissitudini italiane, per cui quello che, mi pare, rimanga nel britannico medio è un'immagine un po' stereotipata, sole e buon cibo, Venezia e Firenze, italiani rumorosi ma simpatici. Ricordo ancora la faccia sbigottita, incredula ed anche un po' imbarazzata di un mio collega quando gli raccontai, con indubbio atteggiamento patriotticamente autolesionistico, che un Ministro della Repubblica avesse suggerito, parlando della bandiera italiana di, aperte virgolette, metterla al cesso.<br /><br />
"Italy's decline over the past 20 years has been horrifying: corruption, corporate power, media monopoly. So much for democracy." She'll pull through? Ce la farà, la ragazza e l'Italia, si chiedono la canzone ed il film.<br /><br />
To pull through significa proprio questo, farcela, riuscire a superare una malattia od un periodo difficile. Ce la farà? Secondo me sì, ce la farà. A patto che noi italiani siamo diposti a farcela. "Italiani sono sempre gli altri" ha detto una volta Francesco Cossiga. Forse dovremmo ripartire da qui.<br /><br />
<div style="text-align: center;">
<iframe src="http://player.vimeo.com/video/51765618?badge=0" width="400" height="300" frameborder="0" webkitAllowFullScreen mozallowfullscreen allowFullScreen></iframe>
<br /><br /><a href="http://www.girlfriendinacoma.eu/" target="blank">Girlfriend in a coma</a> uscira' a Londra Lunedì 26 Novembre.</div><br /><br />
Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-14800466179339760782012-11-11T11:59:00.002+00:002012-11-11T12:15:44.533+00:00 To show off<i>To show off</i>, mettere in evidenza le proprie capacità per vanto o esibizionismo - <a href="http://en.wiktionary.org/wiki/show_off" target="blank">Wiktionary</a>, non è un atteggiamento molto apprezzato in UK.<br /><br />
Ostentare chi si è e cosa si è fatto, vantarsi dei propri successi, esibire ricchezza e potere non crea ammirazione, casomai il contrario. Gli Inglesi preferiscono (o forse sono costretti a preferire, mi spingerei a dire, visto le convenzioni sociali) l'arma dell'ironia e dell'understatement.<br /><br />
Questo è un aspetto che ritorna spesso durante le chiaccherate con gli amici inglesi e che ho ritrovato in un interessante, anche se un po' troppo prolisso, libro "Watching the English: The Hidden Rules of English Behaviour" dell'antropologa Kate Fox.<br /><br />
E più si è upper class, più l'understatement è di rigore. Nel libro l'autrice fa l'esempio di dove si troveranno appese, in casa di una famiglia upper class, le foto che ritraggono i proprietari in compagnia di persone note ed importanti: non nella living room, dove costituirebbero un'ostentazione davvero piccolo borghese tradurremmo noi, bensì nella zona che porta al bagno di servizio per indicare che sono momenti della vita a cui si dà abbastanza importanza da incorniciarli ma non troppa da esibirli. Perché proprio il bagno di servizio e non quello privato? Perché è molto probabile che prima o poi un eventuale ospite usi il bagno di servizio e quindi incappi nelle foto. Estremamente contorto, e fondamentalmente ipocrita volendo, ma perfettamente logico nell'ottica di come show off senza show off.<br /><br />
Sempre gli amici inglesi ci ricordano che gli americani invece sono l'opposto, e quello che qui è malsopportato esibizionismo lì crea ammirazione sociale.<br /><br />
Tutto questo mi è venuto in mente stamattina, guardando le copertine di due settimanali che riportavano la notizia della rielezione di Obama dove, anche facendo finta di non conoscere la nazionalità delle testate, quella americana è più che evidente evidente! <br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-hZx9kILsp4M/UJ-PffXztkI/AAAAAAAAAw8/j3Qu0-64FzE/s1600/obama.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="263" width="400" src="http://2.bp.blogspot.com/-hZx9kILsp4M/UJ-PffXztkI/AAAAAAAAAw8/j3Qu0-64FzE/s400/obama.jpg" /></a></div>
Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-34447908310707294012012-11-04T21:17:00.002+00:002012-11-04T21:20:44.166+00:00 Mind the gapLa scorsa settimana <a href="http://www.economist.com/blogs/johnson/2012/10/language-skills" target="blank">Johnson</a>, il blog dell'Economist dedicato al linguaggio, mostrava una classifica sulla conoscenza della lingua inglese prodotta da EF Education First, un gruppo internazionale specializzato nell'insegnamento della lingua inglese.<br /><br />
La classifica si basa su un questionario online a partecipazione volontaria, condizioni che probabilmente limitano l'accuratezza dei risultati. Però se scorriamo la lista e cerchiamo l'Italia la troviamo al ventiquattresimo posto ed il gap tra la ventiquattresima posizione e le prime è tale da rimediare sicuramente l'eventuale errore statistico.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-rf3Qi3wpdCM/UI2v_OnmBwI/AAAAAAAAAv4/fKDVaUHF7Nk/s1600/ef.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="383" width="400" src="http://2.bp.blogspot.com/-rf3Qi3wpdCM/UI2v_OnmBwI/AAAAAAAAAv4/fKDVaUHF7Nk/s400/ef.jpg" /></a></div>
<i><div style="text-align: center;">
<a href="http://www.prnasia.com/sa/2012/10/16/20121016165837882020-org.jpg">cartina ingrandibile</a></div></i><br /><br />
Niente di nuovo sotto il sole, ma vale la pena prendere l'occasione per riflettere: quanto ci perdiamo, come Italia, a non conoscere non dico una qualunque lingua straniera, ma quella di riferimento di internet e la più parlata al mondo come seconda lingua?<br /><br />
E non solo in termini di opportunità commerciali (utili a livello Paese) ma di opportunità sociali, di amicizia, di apertura mentale e di arricchimento culturale individuale (e quindi alla fine, globalmente, di nuovo, utili a livello Paese).<br /><br />
Italia, please, mind the gap, mind the future!<br /><br />
PS: Gap deriva dal norvegese antico, col significato di fenditura, crepa. "Mind the gap" è la celebre scritta sul marciapiede della metropolitana e dei treni per evitare che i passeggeri si facciano male salendo o scendendo dalle carrozze. Uomo avvisato mezzo salvato, anche in UK!Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-48339030119064823442012-10-20T21:25:00.002+01:002012-10-21T17:14:50.039+01:00 Enough is enough!Comprereste un uovo di Pasqua a Gennaio? Ed un vestito di carnevale a Novembre? No, vero? Ed allora perché i supermercati ed i centri commerciali pensano che dovremmo cominciare a comprare i Christmas pudding a Ottobre? Perché vedo già rotoli di carta natalizia per incartare regali che ancora non ho neppure pensato a comprare? E perché i giornalini del supermercato hanno già le pagine centrali dedicate a come cucinare il Christmas turkey e, of course, su come ordinarne uno da loro?<br /><br />
Lo so, mi sa mi sono già lamentato di questo <a href="http://sayagainplease.blogspot.co.uk/2010/12/like-pig-in-mud.html" target="blank">andazzo</a> ma qui di anno in anno l'effetto peggiora. Se di solito l'oggettistica natalizia sbocciava a fine Novembre, l'anno scorso è apparsa sugli scaffali subito dopo Halloween. E quest'anno non c'è stato il tempo di strappare Settembre dal calendario che sono comparsi stands dall'immancabile colore rosso e bianco.<br /><br />
Ricordo una pubblicità italiana che diceva che il Natale quando arriva arriva. Ebbene, no. A beneficio di tutti i direttori del marketing ricordo che il Natale arriva il 25 Dicembre, e quello che c'è prima è il gusto dell'attesa, il nostro sabato del villaggio, un tempo dolce che non può essere dilatato all'infinito, pena la saturazione.<br /><br />
Tutti conosciamo i rudimenti dei meccanismi di vendita e la creazione, spesso surrettizia, del bisogno, per cui possiamo facilmente capire perché gli interessi commerciali, e i centri che ne rappresentano la concretizzazione fisica, alterano il calendario a loro beneficio, ma perché dovremmo passivamente accettarlo?<br /><br />
Quindi ho deciso che "enough is enough"! Ovvero quando è troppo è troppo - notando en passant che gli inglesi sono moderati e non hanno un "too much is too much", diventano già insofferenti ad enough :). <br /><br />
Apro il mio banchetto in questa virtuale ma pubblica piazza e lancio la mia personale petizione, una battaglia che giocherò sul loro campo, quello commerciale, parlando l'unica lingua che la società dei consumi conosce: il consumo, per l'appunto.<br /><br />
<i>Il sottoscritto Nemo, nato a... residente a..., scientemente si impegna a non comprare nessuna oggettistica natalizia fino al 1º Dicembre come atto di riappropriazione del calendario e delle sue festività.</i><br /><br />
Tra l'altro una battaglia facile facile, essendo un agire che è un non agire. Consumatori di tutto il mondo, ignoriamoli!Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-32254162229119796272012-10-05T17:55:00.001+01:002012-10-05T17:55:41.820+01:00 Violin/oLe note di un pianoforte e di un violino che si intrecciano, si accompagnano, si alternano. Create dalle mani di un pianista argentino e di un violinista tedesco, il duo "El farabute" (ancora una volta la <a href="http://sayagainplease.blogspot.co.uk/2012/09/multi-cultural.html" target="blank">multiculturalità</a>!), ci guidano dal centro della sala.
<br /><br />
E' un sabato sera dedicato al tango, con una bella milonga con musica dal vivo; un po' troppo affollata in realtà, solo quelli bravi davvero riescono a ballare, in certi momenti sembra di stare fermi in coda e ti devi inventare cosa fare in quel mezzo metro quadrato che hai. Dicono che ballare in quel flusso sia parte del fascino della milonga, ma a me andrebbe bene anche diversamente!<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-Vn2DTTD4R5w/UG3uKt_JxMI/AAAAAAAAAvg/QJGBIzTgvt0/s1600/tango.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="278" width="400" src="http://3.bp.blogspot.com/-Vn2DTTD4R5w/UG3uKt_JxMI/AAAAAAAAAvg/QJGBIzTgvt0/s400/tango.jpg" /></a></div>
<i><center>Photo credits to Harriet Green</center></i><br /><br />
Se pianoforte in inglese si contrae comunemente in piano, violino si dice violin e questo mi ha fatto tornare in mente quando, tempo fa, tra italiani, scherzando si diceva che, così come per parlare spagnolo basta aggiungere una s, per parlare inglese basta togliere una o.<br /><br />
Mi è quindi venuta voglia di elencare un po' di parole italiane che una volta decapitate della o diventano inglesi, quasi un amichevole minivocabolario per chi l'inglese non lo conosce.<br /><br />
concert/o<br />
accent/o <br />
modest/o<br />
classic/o <br />
endemic/o <br />
govern/o <br />
rigid/o<br />
cubic/o<br />
liquid/o<br />
magnetic/o<br />
segment/o<br />
static/o<br />
spirit/o<br />
leopard/o<br />
modern/o<br />
lucid/o<br />
govern/o<br />
traffic/o<br />
iconic/o<br />
ironic/o<br />
sarcastic/o<br />
violin/o<br />
bastard/o<br />
cement/o<br />
candid/o<br />
bulb/o<br />
traffic/o<br/>
lament/o<br />
magic/o<br />
palm/o<br />
romantic/o<br />
rustic/o<br/ >
e, last but not least, italian/o!<br /><br />
Il giochino può essere fatto anche con altre vocali. E lo faremo, alla prima occasion/e.
Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-36515603655082071072012-09-24T20:57:00.000+01:002012-09-24T21:05:53.504+01:00 Multicultural<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
Un collega ucraino, uno australiano ma originario di Taiwan, un paio di spagnoli, una cinese che arriva dallo stabilimento tedesco, un'italiana originaria della Cina, un tedesco, diversi indiani (o più probabilmente inglesi di genitori indiani), un francese originario dello Sri Lanka, una greca ed un'olandese. Ovviamente la banda di noi italiani. E poi, incontrati fuori dal lavoro, polacchi, altri francesi, serbi, croati, russi, argentini, cileni, iraniani.<br />
<br />
E poi tutti i possibili incroci: italiani sposati o fidanzati con inglesi, un collega italiano sposato con una ungherese, un altro con una slovacca, un altro in civil partnership con un ragazzo dello Sri Lanka ed ancora matrimoni anglo-francesi, relazioni italo-spagnole, franco-ucraine, e figli inglesi di matrimoni anglo-francesi, relazioni italo-spagnole, franco-ucraine... <br />
<br />
Insomma, la società inglese che mi circonda (e qua siamo a Bristol neppure a Londra) è indubbiamente, profondamente multiculturale.<br />
<br />
Ok, io sono un expat per cui frequento principalmente expats e la mia percezione è sicuramente deformata ma i numeri del <a href="http://www.migrationobservatory.ox.ac.uk/" target="blank">Migration Observatory</a> descrivono, facendo una media, che un buon 10% della popolazione è straniera o cittadina britannica ma di origini straniere.
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-SDmf5U6J2lQ/UF3SbzaO_CI/AAAAAAAAAvM/5IGnn2mY8rw/s1600/chart.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="286" src="http://1.bp.blogspot.com/-SDmf5U6J2lQ/UF3SbzaO_CI/AAAAAAAAAvM/5IGnn2mY8rw/s400/chart.jpg" width="400" /></a></div>
Ed anche se i problemi di integrazione esistono e, come sempre, si esasperano tra gli strati meno abbienti ed istruiti della popolazione dove paure, frustazioni, difficoltà sono maggiori (come tra l'altro ben illustrò un documentario della <a href="http://www.youtube.com/watch?v=39siKorcLIAhttp://www.youtube.com/watch?v=hjoKggCUDog" target="blank">BBC</a> girato proprio dietro casa mia) l'effetto a lungo termine, secondo me, è sano.<br />
<br />
Le differenze culturali infatti sono tali e tante che uno alla fine le ignora e, dopo la curiosità o la diffidenza iniziale, a seconda del retroterra personale, esse diventano fattori senza importanza; la normalità diventa proprio la varietà, ed ognuno viene giudicato semplicemente per chi è e per come si comporta, non per dove è nato.<br />
<br />
Come, <a href="http://it.wikiquote.org/wiki/Albert_Einstein#cite_note-47">forse (vedi cfr 48)</a>, scrisse Albert Einstein sul visto di ingresso in US, "razza: umana".<br />
<br /></div>
Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-23419786214939287612012-09-04T18:19:00.000+01:002012-09-04T18:59:36.056+01:00 Optional"Ho sentito che lunedì prossimo è festa in India, è vero?" chiede Nemo alla fine della conference call, "Si, ma noi ci siamo, la festa è opzionale". "Come opzionale? Che vuol dire opzionale?" E siccome gli ingegneri a volte sono come i carabinieri, a domanda mi hanno diligentemente risposto: "Opzionale vuol dire che puoi prenderla oppure no". "Si si, certo...ecco io intendevo <i>perché</i> è opzionale...". "E' opzionale perché è una festa religiosa".<br /><br /> Interessante!<br /><br />
In effetti in un Paese in cui convivono induismo (80.5%), islamismo (13.4%), cristianesimo (2.3), sikhismo (1.9%), buddismo (0.8%), jainismo (0.4%) - dati da <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Religion_in_India" target="blank">Wikipedia</a> - più sette varie, non si può far festa tutte le volte che c'è una festa.<br /><br />
L'idea della festa opzionale mi piace, chissà se anche in Europa, dove domina una sola religione, si arriverà a tale rispettosa apertura.<br /><br />
Soprattutto considerando che, ormai, per molti Europei, il Natale ha perso ogni connotato religioso per diventare festa puramente consumistica e che, stranamente, proprio in Italia, cuore della cristianità, lo Stato non aiuta la spiritualità della festa suddividendo lo stipendio in 13 mensilità e dando la tredicesima proprio prima di Natale. Perché non darla a Luglio prima delle vacanze estive? Anzi, ancora meglio, facciamo che la tredicesima me la scelgo io in che mese la voglio, oppure facciamo come in UK, Francia, Germania e chissà quanti altri Paesi, dividiamo per 12, che sono abbastanza grande da gestirmi da solo!<br /><br />
Optional ed il sostantivo option vengono dal latino optio. Optio è anche un grado dell'esercito romano: attendente del centurione. Wikipedia riporta "sembra che <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Optio" target="blank">optio</a> avesse anche la responsabilità di sostituire il centurione nel caso in cui esso fosse stato ucciso o, comunque, impossibilitato a operare, ovvero ne era la sua <i>opzione</i>".<br /><br />
Suggestivo ma non provato. Don't quote me!<br /><br />Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-91439115435907317892012-08-26T13:02:00.000+01:002012-08-27T06:33:19.251+01:00 Interview #2 (a bordo del Vespucci): Sottotenente di Vascello Umberto Vegna"Spotless!" mi risponde rapida e decisa una signora inglese a cui chiedo un commento sulla visita appena fatta. Spotless, senza la minima macchia. E non posso che condividere.<br /><br />
E' sabato 11 Agosto, sono a Portsmouth, cittadina portuale sulla costa sud dell'Inghilterra, a circa 100km da Londra, per visitare la nave scuola della Marina Militare Italiana, l'Amerigo Vespucci, approdata in UK dal 9 al 13 agosto in una tappa della campagna di istruzione per gli allievi della prima classe dell'Accademia Navale di Livorno, una crociera di addestramento lunga circa tre mesi, da Luglio a Settembre, e che tocca diversi porti europei.<br /><br />
La nave, un veliero con motore ispirato ai vascelli ottocenteschi, è veramente molto affascinante e di grande impatto visivo; il rigore militare che si fa bellezza estetica: parti metalliche che riescono a brillare anche sotto la pallida luce inglese, corrimano lucidissimi, una ragnatela infinita di cime che raccontano in silenzio la complessità intrinseca di una nave a vela, il tutto disposto con un ordine assoluto, quasi maniacale, del quale però chiunque abbia navigato anche solo un po' riconosce l'importanza funzionale.<br /><br />
Tutto questo ovviamente ha un prezzo e, come ci racconta il Sottotenente di Vascello Umberto Vegna, "Il ponte, in teak, ha bisogno di una continua manutenzione, viene lavato con soda caustica e spazzolato tre volte al giorno per evitare che la salsedine possa danneggiarlo; le vele sono in tela olona, un materiale non sintetico, quindi delicato, che ha bisogno di particolare cura e manutenzione; le cime sono in fibra vegetale - tranne i cavi di ormeggio che sono in fibra sintetica per motivi di sicurezza - e necessitano di essere sciacquate durante l'attività e sostituite ogni anno". Ma, specifica, "è tutto voluto perché la nave Vespucci rappresenta la tradizione italiana e non sarebbe lo stesso vederla, ad esempio, con cime in fibra in nylon o con dei winch".<br /><br />
Il concetto della tradizione è anche legato ad aspetti educativi, a favore dei cadetti che hanno superato il primo anno dell'Accademia Navale di Livorno. Un centinaio tra ragazzi e ragazze alle prese con la loro prima esperienza pratica di navigazione militare, ed infatti continua il Sottotenente, "le manovre fatte a mano servono per capire che per aprire una vela quadra, per manovrare, per ruotare pennoni bisogna lavorare in team, ci vogliono 30 persone."<br /><br />
I cadetti in realtà si sommano all'equipaggio della nave Vespucci che conta già circa trecento persone, per un totale di circa quattrocento.<br /><br />
<b>E quanto è difficile la vita di bordo con così tante persone?</b> <br /><br />
"La crociera addestrativa è il primo approccio che gli allievi hanno con la vita reale di bordo, un'esperienza che serve a completare l'attività teorica svolta in Accademia. Questo consente di fornire una visione a 360 gradi, un'esperienza durante la quale si capiscono quali sono le esigenze della nave, ma si sperimentano anche il lavorare in team, l'essere sotto stress ed il dormire poco".<br /><br />
<b> Perché, quanto dormite? </b><br /><br />
"Dipende dai turni, i periodi di esercitazioni sono un po' più duri. Gli allievi dormono in amaca, è la tradizione, è una sistemazione logistica che può essere considerata un po' sacrificata <i>(in effetti per me, pigro civile, l'amaca è ottima per un riposino pomeridiano ma l'idea di dormirci per 3 mesi non mi affascina, chiusa parentesi)</i>, ma è molto formativa perché riesce a creare lo spirito di gruppo: vivere a stretto contatto tutti insieme e riuscire in team a portare avanti determinati lavori".<br /><br />
<b>Quali sono le attività svolte dai cadetti?</b><br /><br />
I cadetti, in navigazione, vengono suddivisi in squadre per garantire 24 ore su 24 tutte le attività della nave, squadre che hanno dei compiti ben definiti e che a turno vengono svolti da tutti: fare il briefing operativo, controllare lo stato delle macchine, la situazione della cambusa... Tutti vivono attivamente quella che è la nave, vengono integrati ed affiancati dal personale di bordo, che trasmette le nozioni che servono per i vari reparti, che sia il sistema nave per quanto riguarda la propulsione o gli impianti di sicurezza, o la gestione delle emergenze, antincendio, damage control, tutte attività che vengono svolte ogni giorno più volte al giorno da tutte le squadre".<br /><br />
<b>E qui in UK quali attività avete svolto? C'è qualche relazione con la chiusura delle Olimpiadi proprio questo week end?</b><br /><br />
"Ne abbiamo approfittato per "unire" la campagna addestrativa degli allievi con l'attività diplomatica svolta dalla nave; abbiamo delle delegazioni di ufficiali, sottufficiali, marinai ed allievi che vanno a Londra; sono venuti in visita l'ambasciatore italiano a Londra e rappresentanti della Corona; ci sono inoltre attività di rappresentanza a bordo con delegazioni delle comunità italiane, come ad esempio l'Associazione Amerigo Vespucci e l'Associazione Fiorentini nel Mondo".<br /><br />
Si, perché, aggiungo io campanilisticamente, Amerigo Vespucci era Toscano, di Firenze, ricco figlio di notaio ricco (quando si dicono le tradizioni e la potenza delle corporazioni... Amerigo dette i suoi primi vagiti nel 1454).<br /><br />
Comunque, dopo questa chiaccherata col Sottotenente, mi sono reso conto di quanto la nave Vespucci porti in giro per il mondo una certa idea di Italia, efficiente, competente ed elegante che rappresenta forse più quello che vorremmo essere che quello che siamo. Ma le icone servono anche a quello, a indicare la via, anzi, in questo caso, la rotta. <br /><br />
Per chi fosse interessato, le prossime tappe toccate dalla campagna addestrativa sono:<br />
- Dublino dal 23 al 27 Agosto<br />
- Lisbona dal 4 al 7 Settembre<br />
- Valencia dal 14 al 17 Settembre<br />
Rientro a Livorno il 21 Settembre<br />Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-63024017883047416602012-08-18T12:59:00.001+01:002012-08-23T23:39:41.221+01:00 IconicIl Big Ben, la London Eye, le White Cliffs of Dover, il colore rosso del Routemaster (il bus a due piani) ma anche il Routemaster stesso, la Mini (magari quella originale) o, per non limitare lo sguardo all'Inghilterra, il cavallino della Ferrari, i cerchi olimpici, la linea tuttora moderna del Concorde, la Tour Eiffel.<br /><br />
Tutte immagini rappresentative, riconoscibili, uniche, iconiche potremmo semplicemente dire, anche se, almeno io, in italiano questo aggettivo non lo uso mai.<br /><br />
Qualche settimana fa, mentre esploravo con passo lento i libri di una bella libreria di Bath, mi sono imbattuto in uno, la cui fascetta furbamente sottolineava "prima edizione firmata" e non ho resistito all'acquisto di impulso.<br /><br />
Perché la mini non è (stata?) meno <i>iconic</i> della Mini!<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-eFaryA83W9I/T8pfUSnGWuI/AAAAAAAAAYU/BVT5DsRpwRM/s1600/iconic.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="296" width="400" src="http://4.bp.blogspot.com/-eFaryA83W9I/T8pfUSnGWuI/AAAAAAAAAYU/BVT5DsRpwRM/s400/iconic.jpg" /></a></div>Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-66265080324718667922012-08-09T21:24:00.001+01:002012-08-09T21:28:15.478+01:00 ProudSe vi chiedessero di progettare la zona olimpica, cosa mettereste tra la stazione della metropolitana ed il villaggio olimpico?<br /><br />
a) niente, l'accesso deve essere il più rapido possibile<br />
b) dei megaschermi, così le persone si pregustano l'atmosfera già da fuori<br />
c) dei tendoni dove i bambini possono giocare alcuni sport olimpici<br />
d) uno spropositatamente grande centro commerciale<br /><br />
Se avete risposto d siete in linea con le scelte reali: un bel centro commerciale, con tanti bei negozi, in cui spennare il consenziente visitatore olimpico.<br /><br />
Come, ad esempio, il sottoscritto, che, non avendo un biglietto olimpico, non ha resistito alla sua mini esperienza olimpica andando a vedere, qualche mese fa, il villaggio olimpico dalla finestra dello shop olimpico.<br /><br />
E lì, mentre come tutti si esaltava per un insieme di oggetti ai quali, in circostanze comuni, non avrebbe dedicato neppure un minuto, dal comune cappellino all'anonimo ombrello, tutti elevati grazie al magico loghino al rango di imperdibili memorabilia olimpici, ha visto in bella mostra questo cartello:<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-TZoMxVnDMhk/UBQ69bDPtZI/AAAAAAAAAtw/q_5WobKaeyw/s1600/shop.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="400" width="225" src="http://3.bp.blogspot.com/-TZoMxVnDMhk/UBQ69bDPtZI/AAAAAAAAAtw/q_5WobKaeyw/s400/shop.jpg" /></a></div>
Insomma il Comitato Olimpico ha deciso che lo shop olimpico, ma immagino tutto il villaggio olimpico, è orgoglioso di accettare solo ed esclusivamente carte di credito Visa.<br /><br />
Come in un telefilm poliziesco americano, durante la fase di giuramento in tribunale; già me lo vedo il dialogo tra il rappresentante del comitato olimpico, in piedi, alla sbarra, con la mano poggiata sulla carta di plastica e di fronte a lui il CEO della Visa: Promette di accettare Visa, solo Visa, nient'altro che Visa? Dica lo giuro. Lo Giuro.<br /><br />
Se si vuole dare ancora un senso alle parole, anche mettendo da parte gli sbandierati valori olimpici ai quali ormai nessuno fa più neppure finta di credere, se proprio bisogna pagare pegno agli sponsor (e forse giustamente visto la quantità di denaro che investono non certo per scopi filantropici) perché non dire semplicemente "London2012 shop accepts only Visa and cash". Semplice, pulito, onesto. Cosa c'entra l'orgoglio?<br /><br />
Anche perché, la previsione è facile, se tra quattro anni un diverso gruppo bancario proporrà un migliore contratto, troveremo un cartello rivendicante che Rio2016 shop proudly accepts only MasterCard (o Amex, tanto sono solo loro tre).<br /><br />
Viviamo in tempi di precarietà ed anche i motivi di orgoglio sono diventati a tempo determinato: contratto a 4 anni con possibilità di rinnovo a scadenza. Come l'affitto. L'affitto olimpico.<br /><br />Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-9225797824676661452012-08-04T09:27:00.000+01:002012-08-04T10:30:43.307+01:00 And the winner is...Dopo solo una settimana dall'inizio dei Giochi, sono lieto di condividere con voi chi sarà, anzi chi già è, la Nazione vincitrice di queste Olimpiadi.<br /><br />
Ladies and Gentlemen, the winner is: 中國 o, come ci piace scrivere a noi, la Cina. Senza possibilità di errore o controprova.<br /><br />
Come lo so? Basta andare in un qualsiasi shop olimpico: stickers made in China, magliette made in China, tazze made in China, matite, borsoni, asciugamani, pupazzetti, portachiavi, marsupi, spillette, ombrelli, macchinine; tutto rigorosamente, esclusivamente, made in China.<br /><br />
Poi forse, come ciliegina sulla torta, la Cina sarà anche la prima Nazione nel medagliere. Ma l'Olimpiade vera, quella del denaro, il vero driver di tutto, è già stata ampiamente vinta a tavolino.<br /><br />
Perché, con buona pace per Pierre de Frédy, <a href="http://www.olympic.org/Assets/OSC%20Section/pdf/LRes_16E.pdf" target="blank">Baron de Coubertin</a>, di cui tra l'altro il prossimo anno cade il 150° della nascita - buono a sapersi per lucrare un po' sull'anniversario - lo spirito olimpico ormai è uno spirito economico.<br /><br />
PS: disicanto e rigetto consumistico post visita, con relativo immancabile bulimico acquisto di oggettistica varia, di uno dei tanti shop olimpici...<br /><br />Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-2475993041607862908.post-34800988826195312832012-07-28T10:34:00.001+01:002012-07-28T13:45:06.923+01:00 Connecting the dotsIn un pomeriggio di metà maggio, mentre il vostro "man in UK" era a Londra, in fila per la visita alle stanze da cui Churchill guidava la Gran Bretagna durante la seconda guerra mondiale (il Churchil War Rooms, situato nel cuore di Londra, a due passi da Downing Street, Westminster Abbey e St James's Park), ha notato un elicottero con la livrea della bandiera inglese che volava ripetutamente sopra la zona, e ha provato, senza troppo successo, a fotografarlo.<br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-k333LpybMXI/UBOxnIDVYOI/AAAAAAAAAtc/y3SZCMz6Aig/s1600/bondcopter3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="295" width="400" src="http://3.bp.blogspot.com/-k333LpybMXI/UBOxnIDVYOI/AAAAAAAAAtc/y3SZCMz6Aig/s400/bondcopter3.jpg" /></a></div>
L'elicottero era un AW139 AgustaWestland, qualcosa di cui essere orgogliosi come italiani visto che per una volta è stata l'italiana Agusta a comprare l'inglese Westland (nel 2005 e giù di lì, con il 139 progettato e prodotto prima della fusione).<br /><br />
Le voci sulla cerimonia di apertura dei Giochi parlavano di un filmato in cui James Bond si calava nello stadio da un elicottero, ma solo stamattina, guardando il filmato, ho "unito i puntini".<br /><br />
<iframe width="560" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/xW5abat5NEU" frameborder="0" allowfullscreen></iframe><br /><br />
Anche se è stata una festa tutta inglese che ha giustamente celebrato la britishness, è stato bello ritrovarci un po' di Italia, e pure high tech niente pizza e mandolino per una volta!<br /><br />
GO ITALY!<br /><br />Nemohttp://www.blogger.com/profile/05482279063238534670noreply@blogger.com1