Wednesday, 22 December 2010

Secret Santa



Ed alla fine arrivo' Week 51, la settimana del Natale.

Qui, a parte una fastidiosa deadline personale ancora in ballo, c'e' aria di sbaraccamento: settimana scorsa abbiamo avuto il pranzo dell'ufficio, sono arrivate le mail dei grandi capi e gli auguri dei capetti di zona; le xmas cards sul desk cominciano a limitare il mio spazio d'azione ed io domani, condizioni meteo permettendo, attraversero' le Alpi (come Annibale, ma 10.000metri piu' su) e sbarchero' nella capitale per poi dirigermi dove "ha loco il Volto Santo".

Ed allora, quale post piu' appropriato di uno sulla tradizione del Secret Santa?

Le regole sono semplicissime:

1) prendere un regalo ed impacchettarlo ben bene in modo che trasmetta l'idea di un contenuto altrettanto interessante.
2) invitare amici e familiari a fare la stessa cosa
3) incontrarsi, mettere tutti i regali in una cesta, e poi, a turno, sceglierne uno (diverso dal proprio, ça va sans dire).
4) sperare che il caso sia stato benigno e che il regalo dell'amico a voi piaccia e sia utile

In realta' piu' il regalo e' scemo o inadatto, piu' ci si diverte (non approfittatene troppo per reciclare quello che non vi e' piaciuto!).

A questo punto non mi resta che augurarvi Joyous Noel (che ha quanto capito e' la loro versione posh ed esterofila di Merry Christmas) and Happy New Year.

Ci rivediamo ad anno nuovo (dopo Befana come ai tempi della scuola...)!

Cheers,
Nemo

Friday, 17 December 2010

Energy



Chi segue questo blog da un po', avra' intuito che il sottoscritto e' alquanto pigro.

Si parla poco di sport da queste parti e lo si pratica ancor meno. Si, ok, una corsetta ogni tanto, una 10km in primavera o qualche attivita' light tipo il golf (ma piu' che altro perche' in UK non si puo' non giocarci, o almeno provarci) o non light tipo la vela d'estate (ma piu' che altro per fare qualcosa di diverso dall'arrostire sull'asciugamano).

Per combattere i sensi di colpa quindi la domenica mattina, quando riesco, vado nella palestra vicino casa a fare una lezione di yoga, per l'esattezza dynamic yoga, che tradotto vuol dire: stretching.

L'unica cosa che lo differenzia dallo stretching e' che mentre noi cerchiamo di allungarci il piu' possibile, l'istruttore indiano ci comunica perle di saggezza tipo "cambia te stesso, non cercare di cambiare gli altri" (per inciso le stesse perle che si sentono ai corsi per piccoli managers), oppure "non lasciare che lo stress affatichi il tuo cuore" e cose simili.

Ora, ironie a parte, io non sono preconcettualmente contrario ad una visione non puramente occidentale della vita, pero', quando la scorsa settimana ci ha detto: "vi consiglio di portare un vostro materassino personale, because there is your energy on it", ecco, come faccio poi a dargli credito?

Friday, 10 December 2010

Like a pig in mud



Dear blogfriends,

Come va? Voglio dire, come va con lo shopping natalizio?

Vi siete lasciati prendere dalle atmosfere di stagione e gironzolate spensierati e leggermente imbambolati tra le casette in legno dei mercatini di Natale riscaldandovi con un bicchiere di mulled wine o siete gia' arrivati anche voi alla soglia di saturazione zuccherina?

Perche', non so in Italia, ma qui non hanno fatto in tempo a togliere i festoni di Halloween che ci siamo ritrovati immersi nelle atmosfere di Natale, almeno in quei buchi neri commerciali che sono i malls. Quindi io sono gia' saturo due settimane prima di iniziare. Davvero, un altro Xmas carol e mi converto al punk rock.

Detto questo, ammetto pero' che, complice anche il fatto che per i regali da spedire non ci si puo' ridurre al 24, da qualche settimana ho iniziato a dare un'occhiata in giro.

La prima sessione di acquisti non e' andata esattamente a buon fine, o forse anche troppo perche' piu' che altro ho comprato cose per me, tra cui queste tre grosse mugs (finalmente niente piu' cup refill!) che riportano modi di dire inglesi.

Dopo tutto come potevo resistere considerando gli argomenti di questo blog? Sono contento come un maialino nel fango!


PS: esiste anche l'espressione as happy as a pig in mud. Torna l'annoso problema di quando usare as e quando usare like...

Sunday, 28 November 2010

Safety first



Safety first e' uno dei mantra della societa' inglese. Non che sia sbagliato, il problema, come sempre, e' quando si esagera.

Se il cartello "caution wet floor" che l'addetta alle pulizie mette ogni giorno fuori dalla porta del bagno mi fa sorridere, se il "mind the gap" della metropolitana ormai e' un brand che su magliette e tazze ha anche una sua resa economica, se "mind the head" mi ha salvato dai bernoccoli un paio di volte, quello che mi e' successo settimana scorsa e' stato veramente assurdo.

Il proprieario del mio appartamento ha mandato un tecnico a fare un controllo delle apparechiature elettriche: ha controllato il gas, la caldaia, l'aspirapolvere: tutto bene. Poi gli ho mostrato una lampada che era rotta, lui lo ha constatato ed ha tagliato il filo per impedirne l'uso. Considerando che la tenevo in uno sgabuzzino non mi ha pesato molto.

Poi gli ho fatto vedere un'altra lampada, lievemente danneggiata nell'alloggiamento della lampadina, e lui ha ridato una sforbiciata al filo. Qui mi sono irrigidito un po' perche' sarebbe bastato cambiare un pezzettino di plastica per ripararla, ma non e' il suo ruolo mi dice, lui identifica solo quello che puo' essere pericoloso e lo rende inutilizzabile, mica ripara o suggerisce come riparare.

Avevo sentito parlare della specificita' del lavoro in UK rispetto all'approccio italiano dove si fa un po' di tutto, ma qui si esagera. Uno che di lavoro rende inutilizzabile apparecchiature pericolose ed un altro che le aggiusta. Questa non e' suddivisione del lavoro, e' atomizzazione (mcdonalizzazione?).

Comunque il pezzo forte doveva ancora arrivare: la lavatrice. Ha notato una giunzione non a norma (senza la presa a terra, ok questa e' davvero pericolosa) e non ci ha pensato due volte, "sorry mate, it's my job" e zak un altro elettrodomestico messo in sicurezza.

Ora, siccome Nemo nella penombra ci puo' anche vivere ma senza lavatrice no, sabato scorso, in onore all'approccio italiano ai problemi, si e' armato di pazienza, attrezzi ed un po' di capacita' logico deduttiva e ha fatto il suo primo intervento da elettricista.

Sono lieto di potervi comunicare che il paziente e' sano, sta bene e ha gia' ripreso i suoi cicli di lavoro.

Saturday, 20 November 2010

Registration Plate



Dalla history degli accessi a questo blog risulta che uno dei post piu' letti sia quello riguardante l'AIRE, l'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero.

Sulla scia di quel "post di servizio" ho deciso di scrivere questo, su come re-immatricolare una macchina italiana in UK, passaggio obbligatorio per chi e' residente in UK perche' non e' possibile assicurare in Italia la macchina di qualcuno che non vi risieda.

(Noiosa ma spero utile) Step by step guide in 8 punti:

I) Andare al DVLA (Driver and Vehicle Licensing Agency) e dire che volete reimmatricolare l'auto.

II) Loro vi consegneranno dei moduli da riempire e vi chiederanno di tornare con quelli piu' altra documentazione, ovvero con:

1) Prova di identita' (passaporto o similari).

2) Prova di domicilio (una bolletta ad esempio).

3) Prova che l'auto abbia passato il test MOT, l'equivalente della revisione dell'auto, che qui e' annuale per macchine piu' vecchie di tre anni (costo del test circa £50).

4) Certificato di conformita' dell'auto. Il certificato di conformita' dell'auto viene emesso dal produttore della vostra auto. Per auto del gruppo VW, potete spedire una mail a type.approval@vwg.co.uk. Loro vi manderanno un documento che dovrebbe essere piu' o meno questo

5) Type Approval Certificate emesso dal VCA ("designated UK Vehicle Type Approval authority"). Per avere il type approval occorre compilare l'ennesimo documento, e spedirlo insieme al certificato di conformita' e la documentazione che certifica che avete modificato l'auto in modo che sia adeguata per la guida in Inghilterra, ovvero:

- cambiare fanali anteriori e posteriori (per una macchina di medie dimensioni vi costera' circa £500).
- applicare una mascherina sul contachilometri in modo che rappresenti le miglia (almeno che non abbiate gia' la doppia scala). Io per trovare un posto dove facessero questa operazione sono impazzito, alla fine ho trovato questo dove per la spropositata cifra di £100 vi danno l'agognata mascherina.

Per produrre il Type Approval Certificate, il VCA vi chiedera' £70.

III) Attivare un'assicurazione sull'auto usando a riferimento il numero di matricola del motore (non tutte lo accettano, alcune assicurano solo sulla targa, io ho trovato directline) ed aspettare arrivi la documentazione.

IV) Con tutti questi documenti tornare al DVLA, consegnarglieli insieme al foglio di immatricolazione italiana, che si terranno loro per sempre. Vi chiederanno £55 per il servizio piu' una cifra variabile a seconda delle emissioni di CO2 della vostra auto, nel mio caso di auto di media cilindrata diesel £120.

V) Dopo qualche giorno vi arrivera' via posta il disco/bollo, il registration certificate (che sostituisce il foglio di immatricolazione) e la comunicazione del numero di targa, targa che dovrete farvi poi fare in un garage o anche on line. Come i piu' attenti si ricordereanno il numero di targa puo' essere anche comprato scegliendolo tra un elenco particolare, a prezzi dai £300 in su.

VI) Col numero di targa andare ad un garage, o ad uno shop come halford ad esempio. Costo una trentina di pounds, considerando degli adesivi per montarla se non volete forare l'auto per fissarla.

VII) Telefonare all'assicurazione inglese comunicando il nuovo numero di targa assegnato.

VIII) A questo punto non vi restera' che annullare l'assicurazione in Italia tramite lettera di disdetta piu' prova che siete assicurati in UK, e pagarne la cancellazione all'ufficio ACI (circa 50euro).

Conclusione: un sacco di burocrazia ed una spesa di circa £1000.

Morale: Se vi trasferite in Inghilterra per lavoro e volete portare la vostra macchina, non siate naives, aggiungete le spese per la reimmatricolazione nel contratto!

Saturday, 13 November 2010

To smoke pot



"Do you, by any chance, smoke pot?"

Non so se capita anche ad altri blogger, ma ci sono post che mi viene in mente di scrivere e che poi rimangono sepolti sotto altre idee o sotto il fatto che non trovo nessuna idea per proporli. O entrambi, come in questo caso.

L'anno scorso andai a vedere una godibilissima commedia, "It's complicated", e catturai (tra le tante perse) questa espressione: to smoke pot.

Per chi, come me, pensasse che pot e' solo un vaso o una pentola ecco un estratto dal film che dissolvera' ogni dubbio.

Saturday, 6 November 2010

Bob’s your uncle



Dear friends, dobbiamo resistere.

A volte verrebbe voglia di mollare, di chiudere il blog e passare il tempo libero con gli amici o facendo piu' sport pero' non c'e' niente da fare, chi possiede questa lingua ha un vantaggio evidente, al limite della concorrenza sleale, per cui bisogna resistere.

Lo so, non dico niente di nuovo. E' solo che qualche settimana fa mi sono imbattuto in un ironico articolo di FT sulle conseguenze vantaggiose per gli Inglesi del fatto che noi (noi intesi come non native english speaker) non parliamo "a proper english" ma una sorta di globish.

Un inglese povero, noioso, privo di modi di dire e, ancor peggio, parlato ad un livello tale da far concludere al giornalista che, durante un convegno cui partecipava, gli inglesi "...weren’t more intelligent than the foreigners, but they sounded it".

Ed allora ho pensato che non possiamo mica dargliela vinta cosi' facilmente! Perche' noi forse saremo anche mediamente piu' colti, ma se poi non possiamo esprimere i nostri concetti con sufficiente proprieta', se non abbiamo le parole per dirlo, dove andiamo?

Ed allora, anche se i suddetti Inglesi non studiando - quasi scientemente - lingue straniere praticamente obbligano noi ad accollarci tutto lo sforzo comunicativo, continuiamo a studiare inglese.

A la guerre (linguistica) comme à la guerre e Bob’s your uncle.

PS: "Bob’s your uncle” means everything will be OK.

Saturday, 30 October 2010

Definitely



- "Ma gli Inglesi sono davvero stravaganti?"

- "Alcuni, definitely!"


Sunday, 24 October 2010

Stylish



Poco prima di venire in UK, quando lavoravo ancora nel varesotto, chiesi ad un'amica londinese quali fossero gli stereotipi inglesi sugli italiani. Lei si sottrasse alla domanda con un sorriso ed un sibillino "vedrai da solo".

Da un paio di mesi, al lavoro, abbiamo iniziato un nuovo progetto in cui il lead engineer e' italiano, il customer interno e' italiano, l'integratore e' italiano, il contractor e' italiano ed io sono italiano.

Nonostante ci si conosca da quando sono arrivato, perche' fisicamente stiamo nello stesso open space, appartenendo a gruppi diversi non era mai capitato finora di lavorare insieme.

Che sia stato voluto dal management o che sia casuale, sicuramente e' tutto molto piu' facile: non ci sono barriere linguistiche o culturali, e visto l'amicizia (almeno per ora) lavoriamo davvero come un team (anche se qui qualcuno che abbia fatto corsi di management, potrebbe contestare che siamo piu' un gruppo, ma non divaghiamo). Certo che sul lungo periodo lavorare tra italiani non facilita di sicuro l'integrazione o il miglioramento dell'inglese, come si diceva giusto nel post precendente.

Fatto sta che l'altro giorno, in pausa pranzo si rifletteva su questa paternita' italiana del progetto ed una collega inglese ha chiosato "beh, di sicuro verra' fuori un prodotto stylish!".

Ecco, questo e' uno degli stereotipi positivi e forse anche il piu' immaginabile.

Siamo considerati un popolo fashion conscious (io direi piu' che altro fashion maniac), molto di cio' che e' italiano e' considerato classy, la Fiat500 tallona la Mini tra le macchine piu' vendute, nei supermercati i prodotti alimentari sono venduti come delicatessen e Venezia e le colline toscane capeggiano su molte riviste.

Insomma, per ora il made in Italy e' ancora un brand spendibile e forse sarebbe il caso di darsi all'import/export ma cervelli in fuga e' un etichetta decisamente molto piu' stylish di agenti di commercio :D

Sunday, 17 October 2010

Leaving/living



Dopo piu' di quattro anni di Inghilterra considero il mio inglese ancora a livelli da turista: spesso mi tocca ripetere la frase per farmi capire, spesso mi tocca farmi ripetere la frase per capire. This is really annoying!

Non mi tiro indietro, parte della colpa e' del sottoscritto: troppi colleghi e amici italiani, troppa politica italiana in streaming - d'altra parte e' talmente (gattopardescamente) dinamica che se perdi una puntata non capisci piu' niente - troppi dvd italiani, troppo Ruggito del Coniglio, troppo Skype con gli amici italiani emigrati.

Ma parte e' colpa dell'Inghilterra, nel senso di terra di attrazione per altri italiani: italiana (di origine pugliese) e' la ragazza che mi taglia i capelli, italiana (napoletana emigrata a Buenos Aires) era la maestra del workshop di tango di un paio di settimane fa, italiano il cameriere del ristorante della Tate, italiano (di origine siciliana) l'istruttore di golf. Insomma in questo contesto come si fa a migliorare?

Per questo motivo, quando qualche settimana fa ho conosciuto una ragazza inglese che parlava un po' di italiano le ho proposto subito un language swap. Ci siamo incontrati una volta ed e' stata una chiaccherata interessante. Tra le cose venute fuori, la sottile differenza di pronuncia tra living (prima i secca e corta) e leaving (ea come una i dal suono prolungato). Che a pensarci, e' anche abbastanza ovvio, quasi come sheet/shit, sheep/ship. A pensarci.

Parlando e' pero' venuto fuori che questa ragazza, causa eccessivo costo della vita se ne torna a vivere con i suoi (sounds familiar?) per cui a fine Ottobre se ne andra' via da Bristol.

Ecco appunto... in questo contesto come si fa a migliorare?

Sunday, 3 October 2010

LSE



LSE non e' l'acido che viene in ordine alfabetico dopo LSD ;) bensi' l'acronimo della London Stock Exchange (insomma la borsa) ma anche, essendo gli acronimi spesso non biunivoci, della London School of Economics.

Mai avrei pensato di avere contatti con esse. Invece, con una di queste...

Un paio di settimane fa, Nemo e' andato a Londra per un workshop di tango, insieme ad una sua tangoamica - perche' come sapete it takes two to tango ; e siccome, come ebbi modo di dire all'inizio di questo blog, siamo una generazione "low budget", nella ricerca dell'accomodation abbiamo trovato un'ottima soluzione logistica nel dormitorio della LSE (nel senso di London School of Economics). Stanza confortevole e residenza carica di quell'atmosfera giovanilistica-studentesca che fa sempre piacere riprovare.

La giornata del workshop in realta' e' stata tutta una corsa contro il tempo, con tanto di inizio fantozziano, o alla Murphy's law a seconda dei totem culturali di riferimento, con perdita dell'autobus, ricerca di un secondo autobus, autostrada per Londra chiusa causa incidente, detour nella campagna inglese, arrivo a Londra in tale ritardo da perdere il workshop prenotato, sostituzione con il successivo (traduzione: salto del pranzo), corsa a lasciare il bagaglio alla LSE, panino afferrato al volo in strada, rientro in camera causa scarpe dimenticate (mie), seconda lezione con le energie in riserva, rapido inframezzo al ristorante della Tate, insufficiente microsiesta in camera, milonga serale musica e tango tutto in apnea.

Pero' decisamente LSE! (Lovely and Succesfull Experience)

Monday, 20 September 2010

To pop up




"It's funny how you use 'pop up'; it makes me laugh, the expression is pop over".

Qualche settimana fa ho scoperto un altro errore che faccio da praticamente quando sono qua e che nessuno (maledetta politeness!) mi aveva corretto. Ho dovuto aspettare un messaggino di un'olandese...ditemi voi!

Appena arrivato in UK avevo catturato l'espressione "pop up" al lavoro, sentendo parlare di qualcuno che era andato al desk di qualcun'altro, per cui ho cominciato a tradurre "passo dopo al tuo desk" con "I'll pop up later to your desk".

In realta' il messaggino e' stata l'occasione per approfondire il discorso un sabato sera a cena, cena in cui, mi sia concessa la sottolineatura smaccatamente autocompiacente, il sottoscritto ha prodotto 12 pizze homemade per la gioia dei palati britannici.

Ho scoperto che pop up va bene solo se c'e' un effetto sorpresa associato: insomma qualcuno che, si, magari passa al tuo desk ma senza che te lo avesse anticipato. L'espressione giusta e' pop over.

Pero' questo e' solo l'inizio perche' poi c'e' pop around (se magari e' il tuo vicino che viene a trovarti, nel senso di qualcuno che sta around). Pop in se si raggiunge qualcuno in un posto chiuso, pop out se ci si incontra fuori, pop down per qualcuno che sta al piano sotto cosi' come pop up per il piano di sopra.

Morale (o piu' prosaicamente Lesson learnt): verificare le espressioni catturate nell'aria prima dell'uso!

Monday, 6 September 2010

Riddle




Dopo il golf, un'altra attivita' proposta dai nuovi arrivati e' stato il riddle of the day.

Volete provarci?

You can’t ware it, it isn’t hard and you can use it but can’t physically touch it.

La risposta e' praticamente scritta all'inizio, e non sono d'accordissimo sul fatto che non si possa fisicamente toccare, comunque a voi la parola.

E se trovaste difficolta', basta "evidenziare" la riga qua sotto!

SOFTWARE

Wednesday, 25 August 2010

To get off




Lunedi scorso ho ricevuto un messaggino che diceva "Spero che la tua settimana sia iniziata bene". Pero' avendomelo mandato un'inglese in realta' diceva "Hope your week has got off to a good start".

Ora, le parole ed i modi di dire che non conosco li posso anche immaginare o interpolare dalle altre lingue, ma con costruzioni cosi' come si fa? Sono sicuro che io avrei detto "Hope you have started well your week" che come al solito, ahime', fa la differenza tra farsi capire e parlare un buon inglese.

Pero'...

Un paio di mesi fa, una mia amica italiana si e' messa ad insegnare un po' di italiano ad alcuni colleghi inglesi con cui a luglio avremmo passato qualche giorno di vacanza in Italia.

Uno di loro, come conferma della prenotazione del biglietto aereo, in una mail ci ha scritto "l'ho fatto io." Ci ho messo un po' a capire che intendeva dire "I did it".

Mal comune mezzo gaudio? :)

Thursday, 19 August 2010

Italians




"Ma gli Inglesi come vedono noi Italiani?"

Beh, se una figura vale come mille parole, un video quante ne vale?

Saturday, 14 August 2010

Best Effort




Ok, questa non e' ne' una parola strana ne' un modo di dire. Piuttosto un modo di fare ironia molto inglese.

Nel mio dipartimento i nuovi arrivati vengono cooptati per organizzare alcuni eventi sportivi e ricreativi. Non so perche' ma sono convinto che in Italia il tutto sarebbe svolto con una spruzzata di nonnismo, qui invece per loro e' un'occasione per farsi conoscere (l'email la inviano a tutto l'ufficio) e per confrontarsi con gli aspetti organizzativi.

Si va dal pub crawl al go-kart, dalla partita di badgminton a quella di cricket o di golf. Ed e' proprio su questo che, forte delle mie cinque lezioni, del saper identificare un iron7 da un putter, delle basi teoriche per riuscire ad avere un buon swing e di molto entusiamo, mi sono cimentato recentemente.

Il campo era un 18 buche e posso dire che, almeno per un principiante come me (handicap di partenza 54, il fondo scala Juniors in pratica), non finivano piu'. Considerando una media di 7 tiri per andare in buca, fa piu' di un centinaio di tiri, per un totale di circa tre ore e mezzo di gioco. Tre ore e mezzo di tiri sbilenchi, tiri mancati (air shot, bell'eufemismo), tiri insabbiati, tiri dispersi nell'erba alta. Sinceramente, nonostante la novita', il bel tramonto ed i compagni di gioco, alla fine l'entusiamo era molto scaduto e non ne potevo davvero piu'!

Poi, nella migliore delle tradizioni, ci siamo riuniti al bar del club, festeggiando con birra chips ed un indigeribile bacon-doubleburger, mentre qualcuno, organizzato con il portatile perche' ormai con carta e penna non facciamo neppure le quattro operazioni, calcolava la classifica.

Bene, con mia grande sorpresa mi hanno annunciato che anche io ero tra i vincitori. Ma non esattamente il primo, diciamo che m i sono conquistato il cucchiaio di legno del rugby...insomma, primo si ma cominciando a leggere la classifica dal basso :)

Pero' alla fine grazie al "best effort prize" mi sono portato a casa una bottiglia di vino. Ed allora che concludere? Meglio ultimi che penultimi!

Sunday, 1 August 2010

Stall




Agosto, vacanze mie non vi conosco.

Sara' anche bello fare ferie a luglio quando costa meno, le spiagge sono meno affollate e le giornate piu' lunghe. Ma poi ti tocca lavorare ad Agosto. Per cui eccomi di nuovo qua - qua in UK intendo e di conseguenza qua sul blog ;).

Sono rientrato a meta' della scorsa settimana con una tempestica niente male in quanto questo weekend a Bristol c'e' stato l'Harbour Festival, una sorta di festa paesana senza santo ma con tanta musica, birra e cibo multietnico (il che, siccome tutto e' relativo, vuol dire anche arancini siculi, olio e vino italiano, salami e pecorino...).

Poi ci sono una miriade di banchetti (stalls) che vendono un sacco di cose, molte inutili ma carine, come la barchetta che va a propulsione candela (l'aria che si espande per il calore viene convogliata ed usata come spinta), gia' regalata ai figli dei colleghi ingegneri per la gioia dei papa'. Oppure gli aeroplanini fatti con pezzi di alluminio delle lattine (non ho ancora capito se e' una idea originale, o un prodotto importato da chissa' dove), od anche le maschere del carnevale di Venezia (col banchetto dal nome Muranoqualcosa, che non credo dica molto al Bristoliano medio).

La palma d'oro quest'anno pero' la assegno ad una pista "polistil" collegata a due biciclette con cui i bambini pedalando davano elettricita' alle macchinine. Idea semplice e geniale. E molto green! Papa' ingegneri possono mettersi all'opera! :)

Wednesday, 30 June 2010

Injustice




Ieri sera ho ripreso in mano un libro che da troppo tempo giace esanime sul mio comodino: "Mistero Buffo".

Sapendo, causa sonno, che non sarei mai riuscito a leggere un racconto intero (anzi, un mistero o un grammelot per fare quello che lo ha aperto almeno una volta) mi sono messo a saltabeccare tra le pagine, e mi sono imbattuto in una introduzione in cui Fo spiega che la parola angheria nel medioevo stava ad indicare un contratto tra il proprietario terriero ed il contadino. E quanto il contratto fosse a favore di una sola parte lo si puo' facilmente immaginare dal significato che ha preso la parola :)

Mi sono allora chiesto come si traducesse angheria in inglese.

Il Ragazzini che ho con me (un'edizione slabbrata di una ventina di anni fa, poverina) riporta oppression e vexation nel significato di oppressione e injustice in quella di sopruso. Il dizionario del mio Mac suggerisce invece imposition.

In realta' le scoperte piu' interessanti sono venute fuori guardando all'etimologia: lo Zingarelli riporta che deriva dal greco angaros (messo del re di Persia con autorita' di requisire ed imporre tasse); se poi vi fidate di wikipedia , trovate un bel collegamento tra angheria - messaggero - angelo.

Ma tornando a come tradurre angheria, a voi la scelta, io opto per injustice!

Vexation: the state of being annoyed, frustrated or worried (da vexare)
Oppression: prolunged cruel or injust treatment (da opprimere)
Injustice: lack of justice (da injustitia)
Imposition: the action or process of imposing something (da imponere)

Nota di servizio: Spero non la prendiate per un'injustice ma io vo' in ferie :)
See ya in August!

Cheers!

Chicken and egg




Torno a scrivere dopo una breve assenza dovuta ad insperate e prolungate giornate di sole: era dal 2006 che non si vedeva un'estate cosi'!

E torno a scrivere prima di una un po' piu' lunga assenza causa "well deserved", come si dice qui, ferie. Che io mi ostino, da bravo europeo del sud, a fare in estate, quando a dir la verita' l'estate e' l'unico momento in cui converrebbe non andarsene!

Avevo pensato di scrivere un post su un modo di dire che ogni tanto sento usare: chicken and egg, che in inglese e', manco a spiegarlo, il modo di chiedersi se sia nato prima l'uovo o la gallina.

L'aggancio era un'abitudine degli inglesi che mi da molto fastidio, ovvero che mentre mangiano puo' capitare che per pulirsi le dita se le mettano in bocca. Per quello che ho potuto vedere e' un atteggiamento comune, diffuso, interclassista e socialmente accettato. Invece a me vedere quelle dita inizialmente ricoperte chesso' del sale delle crisps uscire dalla bocca leggermente umidicce mi crea un senso di rigetto.

La scena mi si e' ripresentata qualche sera fa, a cena in un ristorante molto carino e d'atmosfera, quando un'amica inglese ha pensato bene di pulirsi le dita senza usare il tovagliolo. E' ed allora che pensato "ecco perche' il tovagliolo spesso manca in tavola, tanto non serve!". E mi sono cosi' chiesto se fosse nato prima il gesto di leccarsi le dita o l'abitudine di fare a meno del tovagliolo. Chicken and egg appunto. O meglio finger and napkin :)

Avevo pensato di scrivere il mio ultimo post pre vacanze su questo modo di dire, ma poi ho deciso che sarebbe stato brutto lasciare per un buon mese (ferie lunghe quest'anno, sono stato estremamente parco finora) il blog con un post dal sapore (e le dita non c'entrano ;) antibritish.

Per cui e' nato, come diversivo, il post sopra.

Sunday, 13 June 2010

Cohort




Non so perche' ma ultimamente mi sto fissando sulle parole inglesi di origine latina (forse per qualche sorta di "latin pride"?).

Oggi e' la volta di cŏhors (cŏhors, cohortis; plurale cohortes, just in case).

Cohort21 e' l'identificativo della ventunesima edizione di un corso di formazione che sto facendo al lavoro in questi mesi.

Cohors, la coorte, rappresenta un decimo di una legione romana, ma in inglese per estensione e' diventato anche sinonimo di un gruppo di persone accomunate da qualcosa.

Coorte e' anche quella parolina che in italiano non usiamo mai, tranne ogni quattro anni, proprio in questo periodo a dir la verita'.

Gia' girano le email per l'organizzazione, e nelle prossime sere, in qualche pub, intoneremo il patriottico ed orgoglioso papparapapparapappapa' ma anche

"Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò."

...in attesa di una eventuale Italia-Inghilterra, ma se continua cosi' dubito :D

Friday, 4 June 2010

Lessons learnt




Le Lessons learnt sono il task di fine progetto in cui si analizza tutto quello che e' andato bene e male in modo da non rifare successivamente gli stessi errori.

Giovedi 3 giugno 2010, dopo quattro anni in terra Inglese, Nemo ha iniziato un corso di golf prenotando, insieme a due sue amiche, un istruttore, per un'ora.

Ha imparato la posizione da tenere: flesso sullle ginocchia, con le mani sotto la proiezione del mento, il peso del corpo in mezzo ai piedi, non sul tallone ne' sulla punta; ha poi svuotato un cestino con un centinaio di palline, con il risultato di 3 colpi decenti, una decina di lisci, ed il restante di palle che camminavano rasoterra.

Ma la vera lesson learnt e' stata che se fai una lezione di golf insieme con due amiche, l'istruttore ti rivolgera' ben poche attenzioni!!

PS (curiosita' grammaticale): Learn e' un verbo "amichevole" che accetta di essere declinato sia come regolare (learn - learned - learned) che irregolare (learn - learnt - learnt). La seconda forma principalmente in UK, per cui io uso quella!

Monday, 24 May 2010

Termini




Che caldo!!

Pensavo non l'avrei mai detto in UK, ma questo we e' lo e' stato: 27 gradi di giorno, 16 gradi ancora a mezzanotte, luce fino alle nove e mezza, noi continentali in maniche corti, inglesi a torso nudo, io 6 gelati in 3 giorni.

Quindi un'unica parola d'ordine: stare all'aria aperta. Nello specifico ho fatto un paio di walkings, insomma sono andato a zonzo per campi con gli amici.

Le walkings sono molto comuni in UK ed ovunque si trovano appositi libricini di passeggiate che descrivono il percorso. Ovviamente per non tradire gli stereotipi spesso punto di partenza e punto di arrivo sono un pub ;)

Una delle possibili passeggiate sul mio librino era cosi' descritta: "A fascinating local walk, mostly on good paths and tracks following sections of the old horse tramway to its termini on the banks of the [river] Avon."

Termini? Questo mi sa di roba nostra ;) Ed infatti viene proprio dal latino terminus (ed hanno mantenuto anche il plurale, anche se il dizionario consente un piu' anglesizzato terminuses). Sta ad indicare la fine della ferrovia o di un'altra via di trasporto o la stazione che la' si trova.

Ho scoperto che terminus e' la parola latina per pietra di confine, e quindi in maniera figurata il confine stesso e che un tal Terminus era il dio latino delle suddette pietre.

Da oggi Roma Termini acquista un sapore molto piu' colto!

Wednesday, 12 May 2010

Minutes




54 per l’esattezza, e per niente minuti. Forse giusto i primi, ma poi sempre meno esili , fino ad arrivare agli ultimi, veramente corposi, pesanti.

54 sono i minuti in cui domenica ho corso la Bristol10K. Un tempo non eccezionale ma considerato quanto e come mi sono allenato un successone.

La gara, molto ben organizzata e con un percorso piacevole che parte dalla zona dell’Harbourside, si sviluppa lungofiume, passa sotto l’orgoglio cittadino del Suspension Bridge per poi ritornare verso il centro, richiama circa 10000 appassionati, o “runners” come si dice qua.

Non so quale sia l’atmosfera di queste competizioni in Italia; qui e’ molto simpatica, con una gran folla pacifica che incita lungo il percorso (keep going!), i bambini che allungano la mano per “un cinque”, molti runners che corrono per beneficienza, molti altri (a volte gli stessi) che corrono in abbigliamento stravagante: ho notato un Batman, un Robin, una sorta di macchianera che correva con una calzamaglia nera che gli copriva anche il volto, uomini vestiti da donne (un classico), un gruppetto che indossava dei pantaloni a forma di zampe di cavallo che poi si sviluppavano in un cavallo gonfiabile con zampe anteriori e gambe del cavaliere, cosicche’ sembrasse che il corridore fosse a cavallo.

Stravaganze a parte, chi si iscrive per l’edizione 2011?

PS: per chi mi conosce, alcune foto di un Nemo dalla faccia provata possono essere trovate partendo da qua

Wednesday, 5 May 2010

Wing




Se penso ad una wing, la prima cosa che mi viene in mente e' una aircraft wing.

Eventualmente, soprattutto se ho fame e sono vicino ad un fast food, una chicken wing; volessi fare lo spocchioso potrei al limite pensare alla Sainsbury wing della National Gallery.

Ma alla fine sempre e comunque qualcosa da tradurre con ala, anche se con significati diversi.

La scorsa settimana ho avuto l'occasione di andare qualche giorno a Tolosa per un training.

Tralasciando i dettagli sulla piacevolezza di passeggiare in centro verso le dieci di sera con l'abbigliamento concesso dai generosi 22 gradi del sud Europa e rimuovendo il rimpianto per non aver avuto l'occasione di mangiare un buon magret de canard o almeno una raclette, vi porto subito alla fine del viaggio.

Per problemi di orario sono dovuto atterrare a Gatwick per poi quindi prendere una macchina a noleggio. Per evitare indebiti reclami, prima di partire ho controllato la situazione della carrozzeria, graffi et similia. Ce n'era uno sul paraurti posteriore, per cui sono andato a farlo notare all'addetto.

Siccome non sono un grande esperto di noleggi auto non sapevo che sul retro del biglietto che danno come ricevuta sono gia' elencati i danni che ha la macchina, cosa che mi e' stata fatta notare con l'infastidita rassegnazione di chi deve averlo ripetuto un numero troppo elevato di volte.

In effetti c'era un "rear bumper medium scratch" ma la cosa interessante e' che c'era anche un "wing small scracth".

Wing? Quale wing? Senza rassegnazione ma solo infastiditi, mi hanno spiegato che e' la parte di carrozzeria sopra la ruota (parafango in italiano?).

Il vocabolario specifica che e' un termine prettamente britannico. Si vede che le macchine americane non hannno le ali :D

Sunday, 18 April 2010

Cut the hay until the sun's out




Bisogna tagliare il fieno finche' c'e' il sole.

Insomma sfruttare le occasioni, non rimandare. Affermazione valida sempre ed ovunque ma soprattutto in UK.

Sono due settimane che "sun's out", con cielo terso e blu praticamente tutti i giorni (weekend inclusi thanks God!) e temperature moderatamente calde: non abbiamo ancora raggiunto i 20 gradi ma ci siamo vicini.

Bisogna ammetterlo, l'Inghilterra quando c'e' bel tempo si trasforma, l'atmosfera cambia, diventa quella di una festa spontanea, con tutti che improvvisamente escono dalle loro tane e si riversano nei parchi o nei loro giardini, organizzando di tutto, purche' sia all'aperto.

Anche per me e' stata quindi l'occasione per un po' di sana sana attivita' outdoor, un po' di corsa (ho una 10k terribilmente vicina, e non sono per niente in forma), un pic-nic (con accento sulla prima i, please), per un bbq nel mini patio di casa mia, per rilassarsi su un paio deckchairs appena , e ottimisticamente, comprate, e per mettersi, la prima volta non ricordo da quanto, una camicia a maniche corte.

Tutto questo per dire che se nei prossimi giorni continuate a non vedermi in giro per blogs, sapete dove sono ;)

PS: Cut the hay until the sun's out e' la versione sentita da un mio collega, il vocabolario riporta make hay while the sun shines

Friday, 9 April 2010

Glamping




Qualche settimana fa mi sono imbattuto in un articolo di giornale che raccontava un modo alternativo di fare vacanze.

Descriveva un camping nel sud della Francia dove, invece di dover arrivare tendamuniti, trovarsi una piazzola, srotolare la copertura, fissare bene a terra il tutto con quei ferri ad L che si sformano rigorosamente sotto il colpo della seconda martellata, si viene ospitati in tende ampie e lussuose, arredate con tappeti, sedie e comodini, e si puo' dormire in un vero e proprio letto invece che su un istabile materassino gonfiabile.

Tende che non sono tende, tanto e' vero che si chiamano anche diversamente: yurts e non tents. (Tra parentesi, yurt belllissima parola che viene dal russo yurta, e che indica le tende dei nomadi in Mongolia e Siberia).

Piu' di recente poi, sfogliando una rivista di quelle un po' eco-trendy, sensibili ai temi ambientali ma con soluzioni non proprio economiche, mi sono imbattuto in un articolo nel cui titolo capeggiava la parola glamping, ed il cui testo era attorniato da foto di bellissime tende. Mi metto a leggere e scopro che glamping sta per glamourus camping, un nuovo trend del campeggio per pigri di lusso, l'evoluzione del campeggio adolescenziale in salsa new age.

Cercando un po' in rete ho scoperto che il trend e' nuovo piu' che altro per me, perche' ci sono articoli che citano il glamping gia' dal 2007. Pero' secondo me in Italia ancora se ne sa ben poco (qualcosa si, infatti glamping.it e' stato gia' registrato, mannaggia!) .

Per chi fosse curioso, il sito francese di cui parlavo all'inizio e' Le Camp.

Per questa estate ormai e' praticamente tutto prenotato ma per la prossima una vacanzina ci sta tutta. Amici avvisati....

Friday, 2 April 2010

It takes two to tango




It takes two to tango l'ho sentito recentemente dire, nella sua traduzione "bisogna essere in due per ballare il tango", ad Emma Bonino.

E' un modo di dire che in italiano non avevo mai sentito prima, mentre in UK e' molto noto, tanto che l'Economist, che spesso gioca con i titoli, per parlare delle relazioni tra Cuba e US tempo fa titolo' un articolo 'it takes two to rumba'.

La sto prendendo un po' larga, ma in realta' vorrei approfittare di questo post per accennare al rapporto uomo-donna in UK.

Come sa chi segue questo blog, qui a Bristol ho iniziato un corso di tango, cosa che, lo ammetto, e' un po' come andare a vivere a Buenos Aires ed iscriversi ad un corso di golf, ma tant'e'.

Si da' il fatto che la settimana scorsa una collega del corso mi abbia proposto di andare ad una milonga fuori citta' con lei. Non ci sarebbe niente da sottolineare se non fosse che e' sposata e ha due bambine piccole. Ed ancora non ci sarebbe niente da sottolineare se non fosse che io mi immagino la stessa scena in Italia : "caro, stai tu con le bambine venerdi sera che io vado a ballare il tango con un amico spagnolo?". Mmmm...come mai non mi suona bene?

Forse perche' ricordo ancora quando vivevo a Gallarate e si era parlato con un'amica di iniziare un corso di salsa. Il ragazzo (sicilano, perche' se stereotipo deve essere, stereotipo sia) con cui aveva appena iniziato ad uscire le disse: o me o il corso di salsa con lui.

Potete immaginare come e' andata a finire...

Saturday, 27 March 2010

Impulsive buy




Dicono che bastino pochi decimi di secondo per decidere un acquisto d'impulso.

Dicono anche che, in genere, le donne siano piu' attratte da capi di abbigliamento, gli uomini da piu' o meno inutili oggettini tecnologici.

Per quanto mi riguarda confermo tutto...



E pensare che io ero entrato nel negozio giusto per comprare una risma di carta per la stampante. La prossima volta per evitare tentazioni la compro al supermercato!

Sunday, 14 March 2010

It's off




Come anticipato nel commento al post precedente, ecco una storia che davvero sounds crazy!


Off e’ una parolina facile facile, molto diffusa e comune, e proprio per questo, molto insidiosa, perche’ come spesso capita con le parole semplici, vengono usate in contesti diversi con significati diversi. Uno interessante l’ho scoperto proprio domenica scorsa.

Ero appena rientrato dal supermercato, tiro fuori la bistecca comprata al banco della carne (due fettine gia' tagliate che facevano bella mostra di se' appoggiate sul restante taglio di carne), faccio per metterla sulla griglia e noto che ha un odore, credetemi, disgustoso.

Sulle prime sono tentato di buttarla via poi, riflettendo sul fatto che in frigo non c'era molto, ed anche per ribadire un principio decido di riportala al supermercato. Avvicino un’addetta alla clientela e le spiego il problema nel mio solito inglese approssimativo e probabilmente un po' troppo diretto “excuse me...blablabla....doesn’t smell fresh to me”. Stupore misto ad imbarazzo “Oh! it’s off?!" Gliela cambiamo subito mi rassicura.

Poi torna e mentre mi porge il pacchetto nuovo, e mi dice: secondo noi in realta’ non ha niente che non va tanto e’ vero che la rimetteremo in vendita.

Io prendo, ringrazio e vado via. Solo in macchina rifletto su quel “rimettere in vendita”. What?? Ma mica e’ una scatoletta di pelati od una scatola di cereali…e’ carne come dire? "sfusa" l’avrei potuta toccare, mi sarebbe potuta cadere sulla moquette, e loro la rimettono in vendita’ cosi’??? Ma uno straccio di norma igienica non c'e'?...Pazzesco.

Conclusione linguistica: off (of food): no longer fresh (this milk is off)

Conclusione salutistica: comprare solo fettine di carne non preaffettate!

Saturday, 13 March 2010

To round down/ To round up




Come ve la cavate in matematica? Ve lo chiedo perche' oggi vi sottopongo un quesito matematico, uno semplice semplice: arrotondare £5.05 alla cifra inferiore.

In questo tranquillo sabato mattina, mi sto pigramente dedicando a qualche faccenda domestica, del genere light pero', come ad esempio archiviare le bollette che svogliatamente accatasto da qualche parte in attesa di mattinate come queste in cui le degno di un'occhiata.

Una, della British Telecom, segnala un cambiamento dei prezzi di alcuni servizi causa innalzamento dell'iva.

Riporto il testo "Amending VAT to 17.5% resulted in some inconsistent prices, so we've rounded down some prices and rounded up others". Insomma, causa questo cambiamento dell'iva (VAT value added tax) hanno arrotondato alcuni prezzi alla cifra inferiore ed altri a quella superiore.

Continuiamo: "For example [...] our XY plan has been rounded down from £5.05 to £4.99"

Ora, lo so che i pignolini sono antipatici, ma a me risulta che £5.05 arrotondato faccia £5.00. £4.99 e' un numero complicato quanto £5.05 se non di piu'!

Potrei venirgli incontro, interpretando rounded down con ridurre invece che arrotondare alla cifra inferiore, digerendomi questa faciloneria linguistico-markettara, invece mi sembra piu' interessante assumere tutte le informazioni come vere e rendervi partecipi della mia conseguente scoperta: le aziende lavorano in un sistema numerico novemale! :))

Monday, 8 March 2010

Spare keys




La scorsa settimana ho avuto la fortuna di passare qualche giorno ad Amburgo, per un corso di formazione.

Avevo quindi pensato di raccontarvi dei tedeschi, che quando parlano inglese, tendono a pronunciare la w come fanno in tedesco "v" e finiscono per dire cose tipo “vi vill” invece di “we will”, o dei francesi che, causa una traduzione diretta dalla loro lingua di “J’ai faim”, tendono a dire “I have hungry”.

Avevo pensato di raccontarvi quanto mi urti che, (alcuni de)i sopra citati francesi si riferiscano al gruppo di italiani che lavorano con loro in Francia come the italian mafia (e come cantava Gaber….allora qui mi incazzo, son fiero e me ne vanto, gli sbatto sulla faccia cos'è il Rinascimento....)

Avevo pensato di raccontarvi quanto sia difficile, almeno per me, ricordare i nomi dei colleghi indiani, oppure del fatto di aver trovato a mensa un olio di marca sconosciuta e neppure troppo ricercato (miscela di oli del mediterraneo) ma prodotto nella mia citta’ natale, oppure mettervi in guardia dal Grünkohl che e' veramente troppo pesante!

Avevo infine pensato di raccontarvi del fatto che the Orbital (il grande raccordo anulare londinese) di sera dall'aereo, sembri un fiume di lava che attraversa la citta'...

…ed invece, l'evento clou del viaggio e' stato ritrovarsi al ritorno, verso le undici di sera, temperatura esterna intorno allo zero, nel parcheggio deserto dell'azienda, a cercare le chiavi dell'auto e di casa e non trovarle...e a dover piombare in casa di un'amica che gentilmente mi custodisce un paio di chiavi di scorta, o come si dice qui, spare keys.

Saturday, 27 February 2010

Caveat




Tempo fa, nel post axis axes, abbiamo parlato del legame tra parole inglesi e latine. Non so quanti inglesi, se interrogati, saprebbero indicare un'origine latina per la parola axis. Invece, almeno tra chi la usa, credo che il legame col latino della parola caveat sia molto piu' identificabile. Caveat e' un'altra delle parole inglesi che possiamo imparare "gratis", ammesso di sapere il latino!

Nei giorni scorsi ho ricevuto una mail che diceva "Unfortunately they have not included the caveat that these machines will not be migrated until further notice" (per non farvi impazzire contestualizzo: si parlava di software, le machines sono dei computers e la migration e' da una versione del programma alla nuova).

Ma gia' precedentemente mi ero imbattuto in una frase contente "caveat lector", che Wikipedia traduce con let the reader beware, e che direi potremmo tradurre con "avvertenze per il lettore". Avvertenza in effetti funziona bene anche per tradurre caveat nell'email di sopra.

Pare sia parecchio diffusa anche la formula caveat emptor/caveat venditor (avvertenze per l'acquirente/il venditore), magari nota a chi ha fatto studi legali o commerciali.

A me l'unica cosa che caveat mi ha portato alla memoria e' stata il cave di cave canem, che in effetti qualcosa c'entra perche' da un rapido controllino on line risulta derivi dallo stesso verbo: căvĕo, căves, cavi, cautum, căvēre (guardarsi da) in cui c'e' dentro anche il nostro cauto...ma qui la smetto con i rimandi senno' non finiamo piu'!

Thursday, 18 February 2010

Taking into account




Oggi mi sono imbattutto in un documento in cui c'era scritto taking into account, ed una finestra mi si e' aperta sulla memoria.

Questa era l'espressione con cui, quando lavoravo in Italia, prendevamo in giro il nostro capoufficio, che qui si chiamerebbe skill group leader o task leader...come al solito l'inglese regala una patina di glamour ed efficienza :)

Il motivo e' semplice: quando gli capitava di dover parlare inglese era capace di infilare quattro o cinque taking into account in mezz'ora di meeting.

Divento' un vero e proprio tormentone, soprattutto quando arrivarono a lavorare nel nostro ufficio degli inglesi e ci rendemmo conto che "prendevano in considerazione" questa espressione molto raramente.

La frase in effetti non e' sbagliata, ma a noi europei continentali piace davvero tanto.

Come controprova quando in un documento leggo un taking into account controllo sempre il nome dell'autore e nove volte su dieci non e' stato un inglese a scriverlo!

Thursday, 11 February 2010

Carbon footprint




L'anno scorso, per diminuire il carbon footprint (impronta di carbonio in italiano?) nei supermercati inglesi e' scoppiata la guerra alle shopping bags, insomma alle buste di plastica.

Da un giorno all'altro le suddette buste, fino a quel momento gratuite, sono quasi sparite dalle casse, sostituite, a pagamento, da borsine di iuta.

Noi clienti abbiamo fatto buon viso a cattivo gioco e ci siamo comprati la borsina. Anzi, almeno io, innumerevoli borsine, perche' una volta su due la dimenticavo a casa e mi toccava ricomprarla; pero' essendo per un buon fine, io mi adeguo anche.

Ed ora che succede? Ora nella stessa catena di supermercati ad ogni fine spesa mi stampano seduta stante con una stampantina messa vicino alla cassa dei buoni sconto (che immagino personalizzati in base alla spesa fatta se non addirittura al profilo cliente associato alla mia carta fedelta', altrimenti non avrebbe senso stamparli li' per li').

Tutta questa carta sprecata quanto costa come impatto ambientale? A quante borsine di plastica equivale?

Quanta ipocrisia...

Wednesday, 3 February 2010

Crap




Non so se l'avete scoperto, ma su rai.tv si possono vedere i programmi che la RAI trasmette, si perde la diretta mi si guadagna la visione senza pubblicita'. Scambio accettabile direi.

Non solo, e' possibile vedere anche alcune puntate di trasmissioni storiche tipo la prima puntata di Quelli della notte o la terza di Pickwick in cui un giovanissmo Baricco parla di The catcher in the rye di Salinger.

Avrete forse risentito l'incipit in questi giorni:

"If you really want to hear about it the first thing you’ll probably want to know is where I was born. What my lousy childhood was like. And how my parents were occupied and all before they had me. And all that David Copperfield kind of crap. But I don’t feel like going into it, if you really want to know the truth."

Ho la mia edizione italiana in Italia, ma su wikiquote ho trovato la versione letta a Pickwick da Castellitto:

"Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com'è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne."

Ovviamente non sono cosi' presuntuoso da contestare la traduzione, pero' baggianate mi sembra un termine troppo educato per crap.

Crap e' quel tipo di parole che i (bravi) bambini inglesi evitano con i loro genitori, una parola implicitamente trasgressiva, tanto che Bansky ha autoironicamente scritto sugli scalini davanti alla sua mostra "mind the crap". Io, ricordando che il vocabolario riporta per crap il significato letterario di escremento, e per to crap quello di defecare, la tradurrei piu' propriamente con stronzate.

Quindi, almeno che negli anni crap abbia involgarito il suo significato, mi chiedo se baggianate sia solo figlio dell'eta' della traduzione che credo risalga agli anni sessanta. Anche perche' "stronzate alla David Copperfield" (o ancora meglio "tutta quella merda alla David Copperfield", che ha il vantaggio di mantenere la traduzione al singolare) sarebbe molto piu' in linea con come mi immagino parlerebbe il teenager Holden.

Sarebbe interessante sapere come e' stato tradotto questo brano in altre lingue.

Friday, 29 January 2010

To deliver (a baby)




To deliver lo trovo un verbo abbastanza antipatico perche', almeno alle mie orecchie, si porta dietro altre parole come deadline, meeting, assignment, task, per non parlare dell'ubiquo mantra ontimeoncostonquality e molte altre legate al mondo lavorativo.

Pero' in questa strana lingua, non si deliverano solo i dati o progetti ma anche i bambini.

Quindi....nunzio vobis, gaudium magnum, che una mia amica nonche' collega italiana "has delivered a baby" giusto domenica scorsa. Il primo, anzi la prima baby expat del gruppo.

I numerosi zii expats si uniscono alle felicitazioni.

Saturday, 23 January 2010

To sleep on a washing line




Come forse gia' accennato, la mensa aziendale non e' un granche'. Di conseguenza, molti di noi si portano il pranzo e lo mangiano in una cucina che abbiamo a disposizione.

Io non faccio eccezione, ed ultimamente il mio gruppo pausa pranzo e' composto da una collega italiana, il marito italiano, un italocanadese, una ragazza inglese, un collega australiano. Noi italiani abbiamo spesso mozzarelle, indipendentemente dalla stagione, la ragazza inglese sandwiches, l'austrialiano un menu che cambia con cadenza semestrale (adesso siamo nel semestre zuppa).

E mentre mangiamo, chiaccheriamo del piu' e del meno, ci raccontiamo i fine settimana, i film visti, le prossime ferie, insomma quello che fanno tutti in tutti i posti di lavoro.

L'unica differenza e' che ogni tanto esce qualche frase interessante, e visto che e' un po' che non parliamo di idiomi, eccone uno curioso: to sleep on a washing line, insomma essere cosi' stanchi da dormire appoggiandosi ad un filo dello stendipanni.

Avrei potuto usarlo ieri sera: alle otto iniziava una gig di un collega ma io, causa prolungato sleeping tardo pomeridiano, sono arrivato alle nove!

Sunday, 17 January 2010

Prosumer




Si pero' cosi' non vale! Non si contano le parole inglesi che non conosco, sono spesso in difficolta' quando cerco di argomentare usando un linguaggio minimamente ricercato e "loro" cosa fanno? Se ne inventano delle altre!

Eccone una letta di recente: prosumer, fusione di professionista (o produttore) e consumatore.

In realta' la parola e' nuova solo alle mie orecchie, perche' andandola a cercare sull'indispensabile Oxford Dictionary, non solo la voce si trova ma e' pure datata 1980s. Ed ha due significati:

- di persona che compra gadgets elettronici che sono ad un livello di utilizzo che sta tra il consumatore medio e quello professionale
- di consumatore che in qualche modo viene coinvolto nel design del prodotto

Andando su Wikipedia sembra che la parola sia ancora piu' fluida e abbia recentemente assunto anche il significato di progressive consumer, nel senso di consumatore che compra con metodi non tradizionali, confrontando i prezzi on line e facendosi un'idea navigando tra siti e social networks.

Insomma una parola dal significato ancora in evoluzione, un magma semantico che ancora non si e' raffreddato e non ha acquistato una forma definitiva. Bello no? Per quanto mi ricordi, ho sempre avuto a che fare con parole dal significato ben definito, statico, anche per quelle moderne: chesso' un mouse e' un mouse, un modem e' un modem. Un prosumer non si sa bene.

Comunque e' una parola che direi ci riguarda, noi bloggers intendo; forse definibili come "prosumers di contenuti"?

Sunday, 10 January 2010

Walking distance




Una delle peculiarita' britanniche di cui non abbiamo ancora parlato e' il concetto della walking distance.

Ovviamente la prima necessita' da risolvere appena arrivato in UK e' stata quella della ricerca di un tetto. Ed un aspetto che gli agenti immobiliari tenevano a sottolineare era se l'appartamento avesse il vantaggio della walking distance. Da cosa direte voi? Dal centro, dai negozi ma principalmente dal pub.

Anche se sembrano i soliti stereotipi, l'inglese medio apprezza molto potersi fare quattro passi fino al suo pub favorito, senza necessariamente dover prendere un taxi al ritorno ma barcollando lentamente e pacificamente "back home".

Io, da bravo italiano che preferisce il mangiare al bere, non ho grossi problemi col guidare la sera, ma apprezzando invece il dormire un po ' di piu' la mattina, ho scelto un appartamento che e' anche lui ad una walking distance, si ma dall'azienda!

Poco piu' di 1 miglio che, con la scusa che arriverei in ufficio praticamente sempre zuppo, mi sono pero' guardato bene dal percorrere a piedi od in bicicletta in questi quasi quattro anni.

Poi domenica notte e' accaduto qualcosa, e prima di uscire di casa ho pensato "od ora o mai piu' !"



Viste le previsioni mi sa che nei prossimi giorni mi tocca fare il bis!

Monday, 4 January 2010

Lovely




Back to UK, back to business, back to blogging!

Dove eravamo rimasti? Ah si, che ero in partenza per l'Italia...partito sono partito, ma il giorno seguente e da un aeroporto distante 300km raggiunto in solo sette comode ore di guida sotto la neve e sopra il ghiaccio.

Vabbe', tralascio i particolari della mia piccola odissea, per concentrarmi su una scritta che ho notato la mattina della partenza in aeroporto. Mi ha ricordato quando ho iniziato ad imparare l'inglese guardando televendite e pubblicita' (erano gli unici programmi che capivo bene) sulla tv satellitare.



Se la foto fosse troppo piccola per leggere, vi riporto il testo del banner: "If you are flying Economy, why not treat your lovely, long legs to some lovely, extra legroom. See one of our lovely representatives for details".

Tre lovely su cinque aggettivi. Decisamente un lovely esempio di appiattimento del linguaggio per raggiungere il maggior numero di persone!