Una delle torture a cui deve sottoporsi un expat in UK, ma penso si possa tranquillamente generalizzare, sono gli small talks, ovvero quelle pillole di conversazione scambiate tra pseudo-sconosciuti.
"Where are you from?", "How long have you been in UK?", "Sounds like an interesting job!", "Really?? Oh...Tuscany is sooo lovely", "...and after my Erasmus..." (perche' tra certi emigranti di nuova generazione c'e' sempre un Erasmus di mezzo)....etc....etc.....
Ecco dopo tre anni di questa solfa annuncio todo mundo che non ne posso piu' di small talks.
In realta' all'inizio e' molto eccitante, soprattutto per chi, come noi italiani, proviene da una realta' dove generalmente il massimo dell'esotico e' conoscere qualcuno trasferitosi da una regione diversa.
L'Inghilterra, invece con il suo multiculturalismo, ogni giorno da' l'occasione di confrontarsi con persone che vengono da ogni dove ed e' cosi' che ogni tavolata si trasforma in una sorta di sessione plenaria delle Nazioni Unite: dal collega spagnolo alla ragazza francese ma nata in Algeria, a quella egiziana, dalle persone dell'est Europa a quelle del SudAmerica, non dimenticando gli indiani e gli australiani che in Gran Bretagna sono di casa. Insomma, per dirla con un'espressione un po' scontata, un vero villaggio globale, in cui avere notizie di prima mano sull'attualita' politca e sociale, sulla cultura e le tradizioni dei diversi popoli.
A questo basta aggiungere il fatto che l'expat, soprattutto all'inizio, vive un po' come un nomade immerso in una rete di conoscenze (o social network, come va di moda dire adesso), di gente che va e viene e la frittata e' fatta.
Amici che sono all'estero da piu' tempo di me, mi assicurano che questa reazione agli small talks e' fisiologica e pure ciclica, nel senso che dopo un po' la curiosita' torna. Pero' per quanto mi riguarda, fino a nuovo ordine, basta con gli small talks please.