Wednesday, 21 March 2012


Mothertongue

Usare una lingua non nativa cambia il modo in cui veniamo percepiti?

Mi feci questa domanda anni fa, dopo aver parlato in francese con una persona francese con cui ero solito parlare in inglese. Mi è sembrata immediatamente una comunicazione più "vera". E mi è sembrato di conoscere quella persona un poco di più.

Non so se abbiate avuto esperienze simili e che conclusioni ne abbiate tratto però la domanda mi è tornata in mente in questi giorni, mentre guardavo alcune interviste a Bérénice Bejo, l'attrice di The Artist, di origine argentina ma cresciuta in francia.

Nelle tre interviste racconta praticamente le stesse cose, ma con un'espressività molto diversa. Sicuramente in questo caso è anche una questione di contesto (soprattutto per l'inglese, con l'intervista fatta sul red carpet) ma nel video in spagnolo mi sembra di vedere una spontaneità che non ritrovo nelle altre.

Inglese Francese Spagnolo

Ragionando nell'ipotesi che non ci sia un eccessivo impedimento linguistico, mi viene da pensare che da un lato la facilità di comunicazione assicurata dalla lingua madre fa sì che tutto sia meno controllato e filtrato, e che quindi la conversazione risulti più spontanea ed in definitiva più vera; dall'altro, un effetto imitativo fa sì che parlare in una certa lingua ci induca a seguire, magari incosciamente, il particolare codice linguistico/comportamentale usato dalle persone che parlano quella lingua, in una sorta di processo "carbon copy" non solo delle parole ma anche degli atteggiamenti che li accompagnano.

In una società sempre più multiculturale dove, per definizione, le persone non condividono la stessa lingua madre, la domanda "quanto altera l'esperienza di conoscenza dell'altro usare una seconda lingua?" potrebbe essere meno oziosa di quello che sembra.

Che ne pensate?

English and its neighbours
mothertongue: madrelingua m [I] Muttersprache f [D] langue maternelle f [F] lengua materna f [E]

12 comments:

  1. credo che la domanda sia tutt'altro che oziosa, anzi.
    per esperienza personale e riportata di amici e conoscenti so ad esempio che molti, pur vivendo in un paese dievrso dal proprio, quando sono in un momento di forte emotività (rabbia, dolore, intimità) non possono fare a meno di esprimersi nella propria lingua.

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  2. per quanto mi riguarda sì, un po'usare un'altra lingua mi trasforma, in misura direttamente proporzionale al grado di conoscenza della lingua e della cultura. quindi sì, anche le persone con cui avviene lo scambio comunicativo mi percepiranno diversa immagino.
    bella domanda, comunque.

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  3. qualcosa di analogo accade anche quando ci si esprime nel proprio dialetto piuttosto che in lingua italiana, no? Il principio mi pare lo stesso: tanto più "mother" è la "tongue" tanto più spontanei e veri si è. Molto interessante davvero!

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  4. Gia! Concordo col mio omonimo predecessore !
    Sarà per questo che mi capita, mentre sto spiegando particolarmente preso di scivolare senza rendermene conto dall'italiano al dialetto, che per noi veneti è VERAMENTE lingua madre.
    So di far inorridire molte italianiste, secondo le quali in nostro dialetto NON è una lingua, "perché non possiede tutte le parole". Secopndo me, son state insegnanti non-venete, spesso centro-italiche o meridionali, che con queste idee hanno fecondato, urtando la ns sensibilità sin dalle scuole, il disgraziato fenomeno della Lega.

    Anonimo SQ

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  5. lanoisette -> Confermo! Chissa’ quanto uno deve vivere in un Paese per far diventare propria una lingua. E’ incredibile come i primi 10-15 anni di vita siano pregnanti anche in questo. E tu che lavori in una scuola lo sperimenterai di continuo!

    tytania -> Anche tu quindi dici “oh sorry” anche quando e’ l’altro che ti urta per strada?

    anonymous -> E te tu c’hai ragione!

    anonymous SQ -> Lingua dialettale e’ troppo cerchiobottista? ;)

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  6. Approfitto del fatto che Elisen abbia ripreso e sviluppato l'argomento per aggiungere che, non solo le persone possono essere recepite diversamente quando parlano un'altra lingua, ma anche le parole stesse sono meno significanti. Voglio dire, per me, pronunciare, sentir dire o pensare a "cielo", "giardino" o "cena" suscita molte piu' sensazioni che "sky", "garden" o "dinner" e l'idea di rompermi una gamba mi fa molto piu' male di "break my leg". Come se le parole italiane si portassero dietro un vissuto, mentre quelle inglesi fossero ancora neutre, pure traduzioni delle prime.

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  7. concordo con la tua ultima riflessione e dopo mesi passati un po' ovunque ho deciso che gli insulti mi vengono meglio in inglese (forse mi sembra di essere meno offensiva...) ma contare sommare insomma la matematica mi riesce SOLO in italiano ! e poco anche così!!
    Oriella

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  8. e a voi càpita di SOGNARE nella lingua del Paese dove vi trovate, dopo qualche gg di full immersion? a me, SEMPRE!!

    Grazie Nemo per i tuoi spunti sempre spettacolari!
    Lorenza

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  9. Oriella ->Benvenuta Oriella, si gli insulti sembrano meno offensivi ma preferisco evitarli perché non si riesce comunque a replicare la giusta intonazione e uno sbaglio in una parolaccia la rendebbe comica. E poi non mi piace litigare :)

    Lorenza -> Benvenuta Lorenza, Nemo non ricorda un granché i sogni, però posso dire che tendo a pensare in inglese (italiano) se penso di parlare con qualcuno con cui parlo inglese (italiano). Grazie per i complimenti!!!

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  10. Buongiorno, qualcuno sa dirmi perchè in inglese "regata" si scrive con due t? Proprio loro che non usano le doppie, non è singolare?
    Grazie, una saluto, Anna

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  11. @Anna
    Sembra che provvenga non dall'italiano ma dal dialetto veneziano. Fonte: http://www.etymonline.com/index.php?term=regatta

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