Friday 20 April 2012


Please touch!

All'inizio di ogni anno, l'azienda per cui lavoro organizza un evento per celebrare i risultati dell'anno precedente e presentare gli obiettivi di quello appena iniziato. Da un paio di edizioni, a questo evento viene invitato a parlare anche uno speaker motivazionale che spesso racconta quelle che sembrano un sacco di ovvietà, ma di quelle che di tanto in tanto fa bene rinfrescare.

Per esempio quest'anno ci hanno suggerito di "controllare le variabili controllabili" perché tanto su quelle incrontrollabili non ci possiamo fare niente, di "investire sui nostri punti di forza" consiglio vagamente in controtendenza con l'approccio più diffuso di colmare i punti deboli, ed infine di "don't say don't" perché se ci dicono di non fare o pensare a qualcosa probabilmente non faremo che (o penseremo che) a quella.

"Please don't touch" è la scritta che si trova in molti musei, per ricordarci che quella statua, dipinto o installazione non va sfiorata, che bisogna resistere alla tentazione di sentire quanto sia freddo quel marmo modellato da Michelangelo o di capire se i semi di girasole dell'istallazione di Ai Weiwei alla Tate sono incollati tra loro o stanno su per gravità.

Qualche settimana fa sono andato alla scoperta della parte est dell'Inghilterra, dedicando un giorno alla visita di Brighton e del suo Pavillion. Per chi non lo conoscesse (come me prima di venire in UK) è un palazzo in stile orientale - indiano l'esterno, cinese l'arredo interno - che l'estravagante ed edonista Re Giorgio IV, sul trono 200 anni or sono, abitò fin da giovane come casa di feste, ristrutturando quella che prima era una farmhouse.

Gli interni del palazzo sono fastosi e ricercati, e le pareti ricoperte di tessuto; immergono il visitatore in quella che sarebbe potuta essere in Occidente l'idea della Cina nell'ottocento (quando in ben pochi ci erano stati o avevano la possibilità di andarci davvero).

In una stanza secondaria, che porta all'immancabile coffe shop, i gestori del palazzo-museo hanno attaccato al muro dei quadretti di tessuto da parati con scritto sopra "please touch". Sono un po' sporchini e lisi. Lì per lì non si capisce il motivo, poi si nota che accanto ad ognuno di essi c'è un quadretto di tessuto gemello, ma riparato da un vetro, ed il confronto fa capire quanto anche un distratto sfioramento da parte del turista curioso, sommato a quello di tutti gli altri che hanno avuto lo stesso impulso, possa consumare una superficie.

Semplice ed immediato, no?

PS: To touch deriva dal francese toucher e quindi segue lo stesso ramo mediterraneo di toccare/tocar/tangere (tangere, che alla prima persona fa tango, un ballo dove in effetti c'è contatto, ma chissà se c'è qualche nesso). Il tedesco con berühren prende un'altra, misteriosa, strada.

English and its neighbours
to touch: toccare [I] berühren [D] toucher [F] tocar [E] tango, -is, tetīgi, tactum, -ĕre [L]

Saturday 14 April 2012


Bridge

Putney Bridge è un ponte sul Tamigi che unisce i quartieri di Putney e Fulham e mi chiedo perché Putney abbia vinto su Fulham ed il ponte non si chiami Fulham Bridge o almeno Putney-Fulham o Fulham-Putney Bridge.

Putney Bridge è un ponte ma è anche il nome della stazione della metropolitana di Londra che ad un estremo del suddetto ponte ha la fermata.

Putney Bridge è sulla linea verde, la stessa di Westminster e di Victoria ma non è sicuramente uno dei punti caldi del circuito turistico londinese.

Non ci si passa per caso. Ci si va apposta. Una volta l'anno.

E' dal Putney Bridge infatti che parte la storica gara di canottaggio tra gli equipaggi studenteschi di Oxford e Cambridge, competizione talmente "iconic" che si chiama semplicemente "The Boat Race" senza bisogno di specificare che boat e che race.

Quest'anno ho colto l'occasione di una Pasqua trascorsa in terra inglese per assistervi.



Nonostante la fredda giornata che invogliava più ad un tea davanti ad un camino che ad una birra ed un hamburger lungo fiume, l'atmosfera era piacevole, molto rilassata, come sempre in UK, con molti londinesi, qualche turista, i ragazzi dei club di canottaggio (si riconoscevano per il pullover cremino a coste e la giacchetta blu, e per quella faccia pulita e serenamente aristocratica che spesso hanno i ventenni di questi college), tante sciarpine e palloncini blu per Oxford ed azzurri per Cambridge, telecamere della BBC, atleti delle scorse edizioni e le immancabili vendite di biscotti di autofinanziamento dei ragazzini.

Questa è stata la 158esima edizione: la prima si è svolta nel 1829 (e ricordando una delle poche date scolastiche - Congresso di Vienna 1815 - si capisce di che tempi si parla, Metternich e Talleyrand al Congresso, Mazzini e Garibaldi giovini e baldi ventenni). Per chi avesse già fatto mentalmente i conti, 1829 è un po' più di 158 anni fa: alcune edizioni sono saltate causa guerre mondiali e ricorrenza non annuale all'inizio.

Come forse ormai saprete la gara è stata piena di colpi di scena, con un uomo che, nuotando tra le imbarcazioni per protestare, according to him, contro l'elitarismo di Oxbridge (lui, ex studente alla London School of Economics, una delle più esclusive scuole di economia del mondo, vabbè) ha obbligato ad interrompere la gara; a gara ripartita c'è stato poi uno scontro tra i remi delle imbarcazioni, con rottura di quello di Oxford, ed infine un atleta di Oxford collassato per lo sforzo alla fine della gara (per di più con la sfortuna che essendo l'ultimo della fila non lo ha notato nessuno per diversi minuti).Ovviamente con 7 rematori contro 8, Oxford ha perso.

Siccome tutto questo è accaduto dietro la curva del percorso, nel frattempo io ero già altrove e l'ho scoperto solo la sera a casa.

Tuttavia, per quanto si dica che in televisione si veda meglio (ed è ovviamente vero), resta sempre un "si vede" non un "si vive" (non per niente un evento in diretta in inglese si dice "live") per cui non sono troppo rammaricato.

Mi porterò dietro tanti piccoli dettagli: il tono secco deciso ed autorevole di Zoe de Toledo, la timoniera di Oxford, mentre pronuncia un semplice "ready, go!", l'incredibile lunghezza degli affusolatissimi scafi, lo sguardo fiero e concentrato dei giovanissimi atleti - futuri dottori, criminologi, professori di inglese, psicologi, dopo tutto sono studenti - l'eleganza della remata in sincrono.

Insomma, un'esperienza che vale la pena.

Allora? Chi viene a Henley questa estate?

PS: Estratto della gara; Preparazione dell'Oxford team

PPS: Curiosita' toponomastica:
Ox-ford: Guado (ford) per i buoi (oxen)
Cam-bridge: ponte sul fiume Cam.

English and its neighbours
bridge: ponte m [I] Brücke f [D] pont m [F] puente m [E] pons, pontis [L]