Friday, 8 June 2012


Art

Lo squalo è lungo, più lungo di me e con le fauci completamente aperte.

Mi avvicino, lo guardo con attenzione, lo esamino quasi. La pelle grigiognola, l'interno della bocca bianchissimo. Dovrebbe incutere timore ma gli occhi spenti e la pelle raggrinzita comunicano un'aria stanca, un po' sonnacchiosa: più che aggressivo mi sembra uno squalo che sbadiglia. Anzi nemmeno quello, perché anche un pigro sbadiglio ha pur sempre una sua lenta dinamica, mentre questo squalo è immobile, bloccato in una sorta di fermoimmagine tridimensionale, prigioniero in un acquario di formaldeide che è la sua trasparente bara di vetro.

Attorno, le pareti della stanza sono tappezzate da sottili vetrine multipiano, contenti pillole medicinali accuratamente allineate in singola fila su ogni ripiano. Tanto asettiche, neutre ed anonime quanto una malattia puo' essere invece infettiva, dolorosa, personale.

E poi ci sono i pesci morti, anch'essi annegati (ammesso che lo si possa dire per un pesce) in una soluzione di formaldeide. Ognuno nel suo parallelepipedo trasparente, tutti allineati a destra in un'installazione e, immagino, per amor di simmetria (e di facile fatturato), a sinistra in un'altra gemella.

E poi un portacenere bianco, di forma semplicissima, classica: rotondo, con tre buchette disposte a 120 gradi dove far riposare la sigaretta tra una tirata e l'altra. Un portacenere gigante però, di più di due metri di diametro, pieno di vere cicche - che fanno il loro dovere emanando vera puzza di cicche - e pacchetti vuoti ed accartocciati, ormai inutili, morti pure loro.

E poi la testa mozzata di una mucca con delle mosche che le volano attorno. E sara' anche il ciclo della vita ma è davvero disturbante, e lo sarebbe pure la visione, che lascio agli altri, delle interiora di una mucca tagliata a metà, per lungo, ed esibita in due bacheche tra cui gli inglesi, con innata dedizione alla coda, sfilano pazientemente.

Il tutto inframezzato, forse per riprendere il fiato, da tante tele bianche piene di pallini colorati, anche questi però ripetuti ossessivamente, o quanto meno serialmente: tutti dello stesso diametro, perfettamente tondi e disposti in reticolo, equidistanziati di una lunghezza pari ad un diametro in entrambe le direzioni.

Ed infine, in un'altra sala, completamente buia, "For the love of God" il famoso teschio (di platino) interamente ricoperto da un reticolo ordinato di diamanti. Un'opera dove il sentimento della morte, usualmente indotto dalla visione di un teschio, viene annichilito da una miriade di luci colorate, purissime e vivaci, in cui i diamanti si accendono e si spengono sotto il fascio di luce che illumina il teschio. Un oggettino da undici milioni di sterline di costo di produzione; il valore di mercato è molto fluttuante, quello artistico giudicatelo voi.

Le opere di Damien Hirst, talentuoso e furbo artista concettuale inglese che si confronta con gli universali temi della vita e della morte, sono in esposizione alla Tate Modern di Londra fino al 9 Settembre; "For the love of God", gratuitamente, fino al 24 Giugno.



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2 comments:

  1. indipendentemente da Damien Hirst, God bless Tate Modern!

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  2. mi sa che scrivero' un post complementare :)

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