Un collega ucraino, uno australiano ma originario di Taiwan, un paio di spagnoli, una cinese che arriva dallo stabilimento tedesco, un'italiana originaria della Cina, un tedesco, diversi indiani (o più probabilmente inglesi di genitori indiani), un francese originario dello Sri Lanka, una greca ed un'olandese. Ovviamente la banda di noi italiani. E poi, incontrati fuori dal lavoro, polacchi, altri francesi, serbi, croati, russi, argentini, cileni, iraniani.
E poi tutti i possibili incroci: italiani sposati o fidanzati con inglesi, un collega italiano sposato con una ungherese, un altro con una slovacca, un altro in civil partnership con un ragazzo dello Sri Lanka ed ancora matrimoni anglo-francesi, relazioni italo-spagnole, franco-ucraine, e figli inglesi di matrimoni anglo-francesi, relazioni italo-spagnole, franco-ucraine...
Insomma, la società inglese che mi circonda (e qua siamo a Bristol neppure a Londra) è indubbiamente, profondamente multiculturale.
Ok, io sono un expat per cui frequento principalmente expats e la mia percezione è sicuramente deformata ma i numeri del Migration Observatory descrivono, facendo una media, che un buon 10% della popolazione è straniera o cittadina britannica ma di origini straniere.
Ed anche se i problemi di integrazione esistono e, come sempre, si esasperano tra gli strati meno abbienti ed istruiti della popolazione dove paure, frustazioni, difficoltà sono maggiori (come tra l'altro ben illustrò un documentario della BBC girato proprio dietro casa mia) l'effetto a lungo termine, secondo me, è sano.
Le differenze culturali infatti sono tali e tante che uno alla fine le ignora e, dopo la curiosità o la diffidenza iniziale, a seconda del retroterra personale, esse diventano fattori senza importanza; la normalità diventa proprio la varietà, ed ognuno viene giudicato semplicemente per chi è e per come si comporta, non per dove è nato.
Come, forse (vedi cfr 48), scrisse Albert Einstein sul visto di ingresso in US, "razza: umana".
E poi tutti i possibili incroci: italiani sposati o fidanzati con inglesi, un collega italiano sposato con una ungherese, un altro con una slovacca, un altro in civil partnership con un ragazzo dello Sri Lanka ed ancora matrimoni anglo-francesi, relazioni italo-spagnole, franco-ucraine, e figli inglesi di matrimoni anglo-francesi, relazioni italo-spagnole, franco-ucraine...
Insomma, la società inglese che mi circonda (e qua siamo a Bristol neppure a Londra) è indubbiamente, profondamente multiculturale.
Ok, io sono un expat per cui frequento principalmente expats e la mia percezione è sicuramente deformata ma i numeri del Migration Observatory descrivono, facendo una media, che un buon 10% della popolazione è straniera o cittadina britannica ma di origini straniere.
Ed anche se i problemi di integrazione esistono e, come sempre, si esasperano tra gli strati meno abbienti ed istruiti della popolazione dove paure, frustazioni, difficoltà sono maggiori (come tra l'altro ben illustrò un documentario della BBC girato proprio dietro casa mia) l'effetto a lungo termine, secondo me, è sano.
Le differenze culturali infatti sono tali e tante che uno alla fine le ignora e, dopo la curiosità o la diffidenza iniziale, a seconda del retroterra personale, esse diventano fattori senza importanza; la normalità diventa proprio la varietà, ed ognuno viene giudicato semplicemente per chi è e per come si comporta, non per dove è nato.
Come, forse (vedi cfr 48), scrisse Albert Einstein sul visto di ingresso in US, "razza: umana".